QUESTO BLOG SOSTIENE IL
COMITATO PER IL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI COSTITUZIONALI AI MILITARI
Perchè una Democrazia non può dirsi compiuta se non è stata capace di estendere tutte le sue regole e garanzie, fino in fondo a tutti i cittadini, anche quelli in divisa.

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lunedì 5 maggio 2008

UNA COSTITUZIONE A “MEZZO SERVIZIO”

Ogni tanto, su giornali e tv, ci capita di leggere o sentire notizie che riguardano il mondo militare italiano. Inteso come tutto il personale che veste una divisa. In tali contesti, spesso, ci si riferisce ad una sigla, alquanto criptica, nota come COCER. Altrettanto spesso questa sigla viene attribuita esclusivamente ai Carabinieri, abbinata ad una spiegazione che, per eccesso di sintesi, viene definita come il “sindacato dei militari”.

Le esigenze di sintesi di cronaca sono spesso comprensibili, ma, mai come in questo caso, fuorvianti. Infatti dire che il COCER è il sindacato dei militari è quanto di più improprio si possa affermare. Questo perché sarebbe come affermare che un gruppo di dipendenti, gestito direttamente da un imprenditore, all’interno della sua azienda, possano essere definiti un sindacato. Solo perché questi gli ha riconosciuto una funzione di rappresentatività dei sottoposti, conferendogli l’incarico di aiutarlo nella cura di alcune problematiche riguardanti la condizione morale/sociale del personale. Per la cronaca, la legge, vieta che vengano posti in essere attività sindacali sovvenzionate o controllate direttamente dai datori di lavoro.

Tornando alla questione di fondo, è bene spiegare ciò di cui stiamo parlando. Quello che sinteticamente viene definito COCER è l’organo centrale di una struttura più ampia e ramificata come la Rappresentanza Militare. Essa nasce alla fine degli anni settanta in seguito a, anche clamorose, rivendicazioni di piazza di tutto il personale della Polizia (allora ancora militarizzata), della Finanza, dell’Aeronautica, dell’Esercito e della Marina. Le richieste dell’epoca esano tese al riconoscimento di un sindacato vero e proprio. Comitati ed associazioni nate spontaneamente davano corso a molte iniziative comprese vere e proprie manifestazioni di piazza, con personale in divisa, che a rischio personale, sfidavano il sistema. Incorrendo spesso nella galera ed in conseguenze drammatiche per la loro carriera. Tutto quanto alla ricerca del riconoscimento di un diritto elementare come quello della libertà di associazione sindacale.

Il risultato di tale fermento fu una legge che diede vita al concetto di rappresentanza ma che sindacato proprio non era. Questo perché mentre un sindacato è dotato, innanzi tutto, di autonomia, democraticità e pluralismo. La Rappresentanza Militare pecca in democraticità ed è del tutto sprovvista di pluralismo ed autonomia.

Tutto ciò è dovuto alle caratteristiche della norma che la disciplina. Infatti esse è definita “istituto interno alla Amministrazione militare” da essa funzionalmente, gerarchicamente ed economicamente dipendente. Le sue competenze, genericamente, “riguardano la formulazione di pareri, di proposte e di richieste su tutte le materie che formano oggetto di norme legislative o regolamentari circa la condizione, il trattamento, la tutela - di natura giuridica, economica, previdenziale, sanitaria, culturale e morale - dei militari”(L. 382/78).

Da questo se ne deduce che la sua funzione è prettamente quella di suggerire e proporre, non certo di rivendicare, come proprio di una organizzazione sindacale. La Rappresentanza militare è articolata su tre livelli di competenza COBAR (Consiglio di Base di Rappresentanza), COIR (Consiglio Intermedio di Rappresentanza) e, appunto, COCER (Consiglio Centrale di Rappresentanza). Mentre i primi due sono specifici di ciascuna Forza Armata, il terzo è Interforze, anche se può esercitare le sue funzioni sia a livello di sezione (quindi di Forza Armata) che di Comparto Difesa (Esercito, Marina e Aeronautica insieme) e Sicurezza (Carabinieri e Finanza insieme). Il personale dei singoli reparti elegge i COBAR, questi eleggono i COIR che, al loro volta, eleggono il COCER. Per cui non è inusuale che per una serie di fattori venga eletto al massimo livello della Rappresentanza Militare qualcuno che ha preso un pugno di voti nella sua base, altrettanti a livello intermedio e uno o due a livello centrale. Tale circostanza riguarda soprattutto la categoria degli ufficiali e, quindi, anche colui che assolve le funzioni di presidente, essendo il più alto in grado nel consiglio. Non escluso lo stesso presidente del COCER.

Senza dubbio questo rappresenta il venir meno del più elementare concetto di rappresentatività democratica. Da ciò deriva che un interlocutore delegittimato, ha una scarsissima incisività nel rappresentare del personale nelle sedi istituzionali.

Tornando agli anni settanta ciò che accadde fu esemplificativo della soddisfazione di quanti, allora, protestavano. Infatti nell’1981 la Polizia venne smilitarizzata ed ad essa venne riconosciuto il diritto di associazione sindacale mentre a quanti continuavano a vestire le stellette tale diritto rimase negato. Per cui i decreti attuativi seguenti ratificarono quanto previsto dalla legge in materia di Rappresentanza Militare.

La differenziazione tra Polizia e Forze Armate veniva così giustificata dal semplice fatto che i primi erano diventati, di fatto, dei civili mentre per i secondi era necessario salvaguardare il rapporto gerarchico funzionale che costituiva l’ Amministrazione Militare. Come se la gerarchia non esistesse anche nell’ordinamento della Polizia di Stato.

Ma anche l'esperienza europea, già allora, portava a ritenere che non sussista alcuna incompatibilità ontologica tra la prestazione militare e l'ammissione della libertà di organizzazione sindacale. La sindacalizzazione militare è sorta e si è sviluppata agli inizi del secolo nei Paesi scandinavi dove sono nate anche le prime esperienze di democrazia industriale: in Norvegia il sindacato militare esiste dal 1880, in Olanda dal 1897. L'Associazione sindacale tra i militari è oggi consentita in una larga parte dei paesi europei, due dei quali (Austria e Svezia) ammettono anche lo sciopero.

Quindi si parla di paesi che nulla hanno da imparare dall’ Italia in materia di efficienza, funzionalità ed operatività in campo militare, quali: Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Macedonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Polonia, Portogallo, Russia, Repubblica Slovacca, Slovenia, Spagna, Olanda, Ucraina.

Sta di fatto che a trent’anni di distanza la richiesta di veder riconosciuto il diritto costituzionale di libertà di associazione, risulta inevaso. Producendo il permanere dell’attuale strumento di Rappresentanza Militare con tutte le sue contraddizioni di strumento soggetto a fortissime limitazioni quali: l’inesistenza di una contrattazione, tanto meno quella decentrata (il contratto per il personale viene firmato dagli Stati Maggiori, la firma del COCER non è vincolante per il governo). In base alla L.382, ogni atto delle rappresentanze militari deve avere l'avallo del comando. Le delibere del COBAR e del COIR non possono essere rese pubbliche. Non esiste un accordo quadro nazionale. Le leggi (104, congedi parentali, contratti ecc..) hanno valore solo nel momento in cui il superiore le riconosce con apposita circolare di recepimento ed interpretazione. Ogni comandante compila a fine anno le note caratteristiche di ciascun suo sottoposto, con criteri assolutamente discrezionali e personali. Il giudizio conclusivo può limitare la carriera di chiunque e precludere la partecipazione a quasi tutti i corsi di specializzazione. Per impugnare le note caratteristiche e la valutazione complessiva ci si può solo rivolgere ad un Tribunale Amminstrativo (TAR). In generale, per ricorrere avverso a un qualunque sopruso dell'amministrazione (anche il più piccolo) ci si può solo rivolgere al TAR, con conseguenti spese e tempi non certo veloci. Non ci si può rivolgere al giudice del lavoro (come invece possono fare ad es. i poliziotti), ne è permesso che gli ispettori per la sicurezza sui luoghi di lavoro della DPL possano effettuare alcun controllo. In alcuni comparti militari, il responsabile della sicurezza dei lavoratori non viene scelto dagli addetti dai lavori, ma dal comandante. Qualsiasi addetto ai lavori che subisca un procedimento penale o civile connesso all'attività lavorativa e venga giudicato assolto, è comunque sottoposto a procedimento disciplinare che viene annotato sul proprio fascicolo personale. In caso di matrimonio con persona residente nella sede di lavoro, scatta il trasferimento immediato ad altra sede (Carabinieri). In caso di malattia prolungata ( più di 45 gg. in un anno), si rischia il posto di lavoro. Nessuna regolamentazione per i trasferimenti. Non è possibile rifiutare la destinazione d'ufficio. Non esiste diritto di assemblea, di sciopero o di qualsivoglia protesta, la stessa rappresentanza militare non può incontrare i propri elettori salvo cortese concessione dei superiori. Nessun diritto ad un'assicurazione che tuteli l'addetto ai lavori nello svolgimento dei propri compiti: ogni errore è solo ed esclusivamente a suo carico. Tra i diritti, bisogna invece aggiungere la L.100/87 che prevede una indennità non trascurabile per coloro che vengono trasferiti d'ufficio (ma vale sempre e solo per gli ufficiali....tutti gli altri vengono, spesso, "convinti" a fare domanda volontaria...) e la possibilità di trasferimento immediato del coniuge al seguito solo se dipendente statale, mentre tutti i coniugi che hanno lavori diversi sono probabilmente destinati a rimanere disoccupati. Anche iscriversi ai partiti politici espone a costanti e pressanti tentativi di dissuasione che i vertici militari fanno sui loro subordinati ( salvo poi essere candidati ed eletti in Parlamento nelle liste di qualche Partito che accoglie solo gli alti ufficiali).

Sembra, quindi, che coloro che sono chiamati a difendere la libertà, la democrazia, e le istituzioni, oltrechè la patria, siano i primi a non goderne i benefici. Fintanto che la politica e la società non comprendano l’urgenza di colmare il gap civico che separano i cittadini del mondo civile, pieni titolari dei diritti costituzionali, ed i “cittadini con le stellette” titolari “a mezzo sevizio” della costituzione, quando non, cittadini di “serie B”.


http://www.fainotizia.it/


1 commento:

Anonimo ha detto...

E bravo Paolone, ci ospiti sul tuo blog, ogni tanto, a me e al mio amico William?
Booker T. Washington