QUESTO BLOG SOSTIENE IL
COMITATO PER IL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI COSTITUZIONALI AI MILITARI
Perchè una Democrazia non può dirsi compiuta se non è stata capace di estendere tutte le sue regole e garanzie, fino in fondo a tutti i cittadini, anche quelli in divisa.

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sabato 13 dicembre 2008

La Buon Natale Poor Card

In questi giorni ci si potrebbe aspettare che, sebbene la crisi economica costringa tutti ad una maggior oculatezza, poco o tanto che sia, gli italiani siano intenti a comprare regali di Natale.
Magari pochi, magari più economici ma pur sempre dei pensieri adeguati da poter dare ai propri cari la sera del 24 Dicembre. Invece gran parte della popolazione più debole, particolarmente quella più anziana e povera, deve sobbarcarsi la compilazione di pile di moduli, la cui accessibilità è notoriamente scarsa, file ai CAF ed alle Poste per poter ottenere quella che è stata definita la “Soluzione” dei problemi economici di quella fetta di popolazione più povera.
Speso questi anziani non ce la fanno da soli e devono trovare altri che gli fotocopiano documenti, li accompagnano nei vari uffici e quant’altro. Poi arrivano all’ufficio postale che deve consegnare fisicamente la card e scoprono che l’odissea è appena iniziata, perché tra sportelli dedicati ai servizi bancari, tra sportelli dedicati al pagamento delle utenze, tra sportelli dedicati a pacchi e raccomandate, tra sportelli dedicati alle pensioni, si e no, uno solo viene destinato a rilasciare la carta tanto desiderata, costringendoli a lunghe ore di attesa. Insomma tra la fila per le bollette, quella per il ritiro delle pensioni e quella per la social card, l’ufficio postale sta diventando una specie di ritrovo degli anziani che qui vi passano un’ampia fetta del loro tempo. Accalcati, al freddo d’inverno, al caldo d’estate, in piedi, il più delle volte.
Insomma non si sentiva proprio la necessità che tanti anziani dovessero essere esposti ad un ulteriore disagio per avere 480 euro annui, quando lo scorso Governo ne erogò quasi altrettante (400 €) in un unica soluzione direttamente nella pensione. Certo in quel modo non si sarebbero potute garantire ulteriori fonti di guadagno per il sistema bancario, che incassa una percentuale su ogni operazione fatta con dette carte, che si ricorda sono a tutti gli effetti carte di credito, infatti per ogni operazione POS l’esercente sostiene un costo di 2 €, per non parlare dei costi che la collettività dovrà risarcire alle Poste per la ricezione delle domande e il loro smistamento al Ministero delle Finanze. Sarà che proprio pochi giorni fa Berlusconi le elogiava “la nuova dirigenza "è riuscita a far succedere un miracolo trasformando le vecchie Poste italiane in un'azienda d'avanguardia per innovazione tecnologica che tutto il Paese, Pubblica Amministrazione in testa, dovrebbe prendere ad esempio”. Probabilmente è molto che il Cavaliere non è costretto anche solo a fare una raccomandata in un ufficio postale - che se le inefficienze degli uffici pubblici fossero lontanamente paragonabili a quelle degli uffici postali, Burunetta si sarebbe arreso già da un pezzo - ma si sa “i figli so piez’ ‘e core”, e per lui le Poste sono anche di più. Sono una gran fonte di reddito grazie all’accordo la Banca Mediolanum: “Poste italiane spa ha sviluppato una attività finanziaria molto estesa,utilizzando la presenza capillare in tutti i comuni d'Italia con i suoi più di 12.000 sportelli; (…) per consentire la domiciliazione di bonifici bancari di tale banca presso gli sportelli postali in tutto il territorio nazionale, (…)la banca Mediolanum, priva di propri sportelli, si troverebbe quindi improvvisamente dotata di più di 12.000 sportelli distribuiti su tutto il territorio nazionale, diventando la banca italiana di gran lunga con la maggiore copertura territoriale”. Forse è per questo che le riempie di complimenti. Un po’ meno chiaro è che la Consob continui a mostrarsi distratta, ad un Presidente del Consiglio che continua a far spot pubblicitari per le attività commerciali legate ai suoi interessi, dopo l’invito a comprare le azioni Mediaset. Tanto meno attenta appare quella parte dei media, in altre circostanze pronta a sguinzagliare i suoi solerti reporter, alla raccolta di testimonianze della gente della strada, dalle improbabili valenze statistiche che, però, hanno molto contribuito a lanciare allarmi alla vigilia delle elezioni e di cui oggi si è persa ogni traccia. Sarebbe sufficiente entrare oggi in un qualunque ufficio postale di periferia per raccogliere migliaia di testimonianze di anziani stanchi ed esasperati, come i loro nonni e genitori che facevano le file per il pane e la farina in tempo di guerra, che chiedono a Berlusconi di sapere solo una cosa.
Il perché di una misura che tanto sa di presa in giro e se questo è il suo modo di far loro gli auguri per un Triste Natale.
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giovedì 4 dicembre 2008

Come si sfanga “la pizza de fango del Camerun”

Penso che ci possano essere molti modi per affrontare le difficoltà economiche, quando non la povertà vera e propria. Disperazione, paura, preoccupazione, rassegnazione, fatalismo, odio ma anche dignità ed orgoglio.
Se, però c’è qualcosa che, credo, possa far imbufalire chi si trova in queste condizioni è la saccenza ed i buoni consigli di quei “signorotti benestanti” che, o non hanno mai saputo cosa vuol dire non avere un centesimo in tasca o il frigorifero vuoto, e magari, una famiglia da nutrire, oppure hanno vissuto così tanto tempo nell’agiatezza da aver dimenticato certe esperienze che si perdono nella notte dei tempi della loro giovinezza.
Il munifico Ministro, nonché genio, dell’economia Giulio Tremonti, non vuole perdere l’occasione per diffondere perle di saggezza, oltrechè nelle alte assisi, presso le quali opera, anche agli strati più umili della popolazione: “La social card e' una delle voci la carta si cumula con il bonus e, fatti un po' di conti, 80 euro in due mesi, una settimana te la sfanghi andando ai supermercati che fanno lo sconto.”. Sembra voler dire che, se proprio non avete null’altro di meglio da fare che rovinare la nostra economia con la vostra povertà, almeno cercate di fare i miserabili come si deve. Magari evitando di farvi vedere nei salotti buoni delle nostre città, o nei nostri centri commerciali più inn, ed andando nei discount a far la spesa. Così ne migliorerà l’immagine turistica del paese che non sarà costretto a mostrare cotanta dimostrazione di fallimento sociale ai nostri visitatori stranieri.
Restate nei vostri ghetti che vi stiamo costruendo a peso d’oro (che pagherete voi con i mutui da salasso e grazie ai quali noi ci arricchiremo sempre più convertendoli nei nostri sub-prime), privi di collegamenti pubblici per i centri storici, cui a breve vi impediremo l’accesso grazie ad un bel pedaggio di accesso. Lì realizzeremo i vostri supermercati per poveri, che accetteranno le vostre carte di povertà, con le quali “sfangare”, o sbarcare il lunario, perché se con 516 euro non arrivi alla prima settimana, con 40 euro in più vedi si e no la seconda ma muori di fame la terza e la quarta, e anche se il ministro ci insegna un po’ di aritmetica: “Stiamo parlando di famiglie che hanno 516 euro al mese e per le quali 40 euro al mese, 80 in due mesi, sono un forte aumento” (mancava solo ci dicesse che sono pari ad un incremento di ben 7,75 %, del reddito) non spiega che in un mese tra 516 euro e 556 non passa una grande differenza. Basti pensare che la soglia di povertà si trova molto più in la: “Nel 2007 è risultata pari a 986,35 euro per una famiglia composta da due persone (591,81 per una persona, 1.607,75 euro per una famiglia di quattro persone)”.
Grazie signore, grazieeeeeeeee!
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venerdì 28 novembre 2008

Italia, il paese delle tre scimmiette

Non so quanti ricordano quell’immagine ricorrente delle tre scimmiette sedute su un albero, una con le mani sugli occhi, una con le mani sulle orecchie ed una con le mani sulla bocca, ad indicare l’atteggiamento omertoso del non vedo, non sento, non parlo.
In Italia, sostituiamo le mani con sofisticati strumenti di alta tecnologia. A dircelo è la Confcommercio, che nello studio presentato dal suo Presidente Sangalli, ci dice che nonostante la crisi economica in atto, il prossimo Natale assisteremo ad un’ incremento delle spese per prodotti tecnologici come TV ed IPod, a fronte di una contestuale ed equivalente contrazione delle spese per libri e riviste. Dunque cuffiette e schermi oscureranno tutto il nostro panorama sensoriale proiettandoci in un mondo sempre più lontano dalla quotidianità reale che ci circonda.
Un po’ come gli obesi umani del film Disney, “Wall-E” che, perennemente immersi nel loro schermo, perdono la cognizione del tempo e dello spazio, nonché del loro stesso essere.
Così, noi cessiamo di vedere il mutare del mondo che ci circonda e di riflettere su quanto questo influenzi la nostra vita. Solo così possiamo spiegare la sostanziale apatia di fronte a vicende apparentemente lontane tra loro ma che sottintendono un unico filo logico di correlazione che trova spiegazione nella progressiva e costante compressione dei diritti più elementari dei cittadini.
Solo così possiamo leggere (in pochi…) la descrizione che il tribunale fa dei fatti accaduti nella caserma di polizia a Bolzaneto “le persone ristrette in Bolzaneto (in alcuni casi visibilmente ferite in conseguenza degli scontri di piazza) fossero costrette a subire trattamenti vessatori inumani e degradanti sia all’interno delle celle (ove le persone senza plausibile ragione e senza necessità legata alla detenzione erano obbligate a mantenere per lungo tempo posizioni umilianti inumane e disagevoli), sia nel corridoio durante gli spostamenti e l’accompagnamento ai bagni (durante i quali le persone offese venivano derise ingiuriate colpite e minacciate senza alcuna ragione da personale che stazionava nel corridoio disposto in modo da formare due ali ai lati dello stesso) (…) le persone ristrette presso la caserma di Bolzaneto subissero umiliazioni, offese e insulti in riferimento alle loro opinioni politiche (quali “zecche comuniste” “ bastardi comunisti” comunisti di merda” “ora chiama Bertinotti “ “ te lo do io Che Guevara e Manu Chao”, “Che Guevara figlio di puttana”, “bombaroli, “popolo di Seattle fate schifo”ed altre di analogo tenore), alla loro sfera e libertà sessuale, e alle loro credenze religiose e condizione sociale, (quali ebrei di merda, frocio di merda ed altre di analogo tenore), e fossero costretti ad ascoltare espressioni e motivi di ispirazione fascista contrariamente alla loro fede politica (quali ascolto obbligato del cellulare con suoneria costituita dal motivo “faccetta nera bella abissina”, ascolto della filastrocca “un due tre viva Pinochet quattro cinque sei a morte gli ebrei”, pronuncia da parte delle persone offese contro la propria volontà di espressioni quali “viva il duce” “duce, duce” ed altre di analogo tenore), così sottoponendo le persone offese ad un trattamento offensivo della loro libertà morale, politica e religiosa (…) comportamenti consistenti in percosse, minacce, sputi, risate di scherno, urla canzonatorie, insulti di ogni genere anche in riferimento alle condizioni sociali e alla fede politica (…) alle persone ristrette presso la Caserma di Bolzaneto non fossero somministrati il cibo, le bevande e in generale i pasti necessari in rapporto alla durata del periodo di permanenza presso la struttura (…) fossero costrette, nelle CELLE di pertinenza della Polizia di Stato, senza plausibile ragione (e senza necessità legata alla detenzione) a rimanere per numerose ore in piedi, con il volto rivolto verso il muro della cella, con le braccia alzate oppure dietro la schiena, o seduti a terra ma con la faccia rivolta verso il muro, con le gambe divaricate, o in altre posizioni non giustificate, costituenti ulteriore privazione della libertà personale, senza poter mutare tale posizione;
- fossero costrette a subire, anche nelle celle, ripetutamente, percosse calci pugni insulti e minacce, anche nel caso in cui non riuscivano più per la fatica a mantenere la suddetta posizione nonché per farli desistere da ogni benché minimo tentativo - del tutto vano - di cercare posizioni meno disagevoli;
- fossero tenuti nel corso dell’accompagnamento ai bagni o agli uffici, con la testa abbassata all’altezza delle ginocchia e le mani sulla testa e venissero derisi, ingiuriati e colpiti alloro passaggio da altro personale appartenente a Forze dell’ordine che stazionava ingiustificatamente nel corridoio della caserma, dislocato in modo da formare quasi due “ali” di pubblici ufficiali ai lati del corridoio” In particolar modo alle donne venivano riservate “particolari” attenzioni “troia” “puttana”; ivi veniva altresì costretta con violenza a mettere la testa dentro la turca e a subire da altri agenti della Polizia Penitenziaria pronunce di frasi ingiuriose con riferimenti sessuali del tipo “che bel culo” “ti piace il manganello”(…)“Non uscirete vivi da qui, bastardi, comunisti di merda” nonché rivolti alle donne “entro stasera vi scoperemo tutte” (…)“percossa (strattoni) nel corridoio durante l’accompagnamento all’ufficio del fotosegnalamento; subiva in cella l’esalazione dello spray asfissiante- urticante; subiva, in cella e ai passaggi nel corridoio, ripetutamente insulti e minacce a sfondo sessuale del tipo “troie, dovete fare pompini a tutti (…)
Rossi, bastardi, provate a chiamare Che Guevare che vi viene a salvare”; subiva in cella l’esalazione di gas urticanti; subiva percosse nel corridoio ad opera delle due ali di agenti;
(…) veniva costretto, con violenza e minaccia a gridare “Viva la Polizia, Viva il Duce”; veniva ingiuriato nel corridoio da agenti che si vantavano di essere nazisti e dicevano di provare piacere a picchiare un “omosessuale, comunista, merdoso” come era lui e gli rivolgevano epiteti del tipo “frocio ed ebreo”
Questo “rosario” indegno per un paese civile potrebbe andare avanti per pagine e pagine, 451, tante sono le pagine della motivazione della sentenza emessa dal Tribunale di Genova.
Quelli che non sono ancora eclissati dal loro megaschermo piatto da centinaia di pollici non potranno esimersi dal biasimare questi esponenti delle Forze dell’Ordine. Senza per questo voler entrare nel merito di una condanna, non ancora definitiva, è fuor di dubbio che tali signori non possono essere additati quali fulgido esempio per i propri colleghi ma, anzi, quali responsabili di un gravissimo danno alla reputazione del loro Corpo ed a tutto il personale che veste una divisa in genere.
Eppure, c’è un eppure.
Lungi dall’essere avviato nei loro confronti un procedimento disciplinare interno scopriamo che, da un’ articolo tratto da “La Stampa”, siffatte azioni non potranno mai essere altrettanto gravi quanto il pregiudizio arrecato da un Maresciallo delle Forze Armate per “ aver scritto e pubblicato testi e articoli (…) colpevole di aver diffuso, senza permesso, la cultura della legalità e di aver voluto esercitare i diritti che la "Costituzione" concede a tutti i cittadini dello Stato”. Per tanto condannato ad una sanzione quale la Rimozione (privazione perpetua del grado e lo fa discendere alla condizione di semplice soldato o di militare di ultima classe), normalmente applicata quale pena accessoria ai militari condannati in via definitiva alla reclusione per durata superiore a tre anni.
Questo perché, nell’alveo della sua vita privata ed extraprofessionale, ha svolto attività politica, per aver scritto articoli, aver espresso pubblicamente le proprie idee e convinzioni, aver promosso petizioni nel rispetto delle norme vigenti e, soprattutto, della costituzione, per aver cercato di tutelare i suoi interessi legittimi esclusivamente secondo quanto previsto e garantito dalle leggi in vigore nel nostro paese.
Seppure mai sanzionato per siffatte azioni, risalenti anche ad anni addietro, oggi diventa, improvvisamente l’essere più abbietto che vesta una divisa.
Che tu sia un “manganellatore fascista”, o più semplicemente qualcuno che froda o ruba, non sarai mai pericoloso quanto un cittadino che cerca di far valere i suoi diritti, magari denunciando le inefficienze di un sistema.
La lezione del punirne uno per educarne cento sembra stia prendendo piede, ecco quindi la massima solidarietà “cameratesca” a quelli che rimangono compatti e muti sulle vergogne del G8, osando addirittura chiedere la ricusazione del tribunale perché prevenuto. Riservando il massimo disprezzo a chi mina il castello che si erge sulle fondamenta omertà.
Il Maresciallo, costretto all’anonimato, per autotutelarsi, vale il Macchinista De Angelis, licenziato dalla Ferrovie per aver screditato l’azienda per la quale lavorava, denunciando la pericolosità degli Eurostar, come se fosse più grave il danno di immagine che egli arrecava piuttosto che la ciclicità con cui avvenivano, all’epoca, gli incidenti ferroviari.
Il potere sembra sempre più refrattario alle critiche ed a quanti manifestano idee difformi da quelle prefabbricate e diffuse tramite la TV. Arrogante come non mai caccia, punisce minaccia senza pudore, così, come un despota che voglia manifestare la sua assoluta onnipotenza, eroga sanzioni e concede perdoni prezzolati, come quella proposta allo stesso De Angelis, per il quale in cambio dell’ abiura delle sue dichiarazioni si offre il reintegro (orgogliosamente e poco galileianamente rifiutato).
Potere spalleggiato dalla politica che mutua a sua volta tale arroganza, al punto di negare per ben tre volte, con motivi pretestuosi, uno sciopero di solidarietà al coraggioso macchiata, e minaccia i dipendenti pubblici che dissentono dalla posizioni e dalle scelte attuate dal Governo. Come ci insegna l’ Onorevole Carlucci, che ingiunge perentoriamente "Tutti i firmatari dell'appello contro la saggia decisione del Ministro Bondi di istituire un manager che valorizzi adeguatamente il patrimonio museale italiano, i quali in questo momento ricoprano incarichi pubblici, dovrebbero immediatamente dimettersi”.
Dunque il messaggio sembra chiarissimo non c’è spazio per voi “ricercatori di giustizia ed equità” in quest’italia, siete dei diversi. Nella caserma di Bolzaneto avrebbero usato meglio i termini: “Froci, Puttane, Ebrei e Comunisti”, mancavano solo gli extracomunitari ed il quadro di tutto ciò che è ad oggi antitetico al pensiero corrente ed omologato sarebbe stato completo.
Non conta se dietro avete associazioni di categoria o sindacali che vi sostengono, oppure se, come il povero Maresciallo , siete privati anche di queste, dato che tanto non vi sarà nessuna pietà per voi che rivendichiate diritti o offriate solidarietà, sarete spazzati via e non vi saranno testimoni di sorta perché cinquanta milioni di scimmiette italiane sono intente a guardare la televisione.
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martedì 25 novembre 2008

Il cerchio della vita …e del lavoro

Meno di un’ anno fa, esattamente il 13 Aprile scorso, proprio sull’onda del ripetersi di incidenti mortali nei posti di lavoro, il governo Prodi varava un decreto per arginare questo drammatico fenomeno, più degno di un conflitto bellico che di un invitabile effetto collaterale connesso con la produzione di ricchezza del sistema Italia.
In realtà di quel provvedimento oggi resta ben poco se non la constatazione dei fatti. Ossia che il numero delle morti bianche rimane sostanzialmente invariato, secondo un rapporto dell’INAIL.
Ormai lo stillicidio quotidiano ci dice che possiamo parlare, con buona approssimazione statistica, di una media di più di tre morti al giorno ( circa 1170).
Questo numero ovviamente non può essere ragionevolmente ricondotto ad altrettante “fatalità” bensì al un complesso sistema sociale che si autoalimenta in un circolo vizioso perpetuo. Il cui prodotto è un sistema produttivo ossessivo e, sostanzialmente, indifferente alle indispensabili esigenze di sicurezza dei lavoratori.
Segnali inequivocabili tessono una trama che ci mostra diverse sfaccettature dello stesso problema,
Dall’ingerenza politica nel mercato del lavoro inducendo la percezione che solo con meccanismi, a volte riconducibili a voto di scambio sia possibile ottenere un impiego.
Partendo dalla vicenda del candidato alla presidenza della Regione Abruzzo, Chiodi, il quale invitava a “presentarsi prima del voto a lasciare i propri dati per una selezione professionale da svolgersi a gennaio e che si concludeva con l'invito a votare l'esponente del Pdl alle elezioni di dicembre”, presumibilmente penalmente non rilevante, concede ampio spazio a dubbi sulla sua moralità.
Proseguendo da un’autorità di garanzia come il Consiglio Nazionale di Parità, il quale vede una sua consigliera rimossa dal Ministro del Lavoro e quello delle Pari Opportunità perchè rea di aver espresso dubbi su alcuni provvedimenti varati dal Governo come la detassazione degli straordinari e la reintroduzione delle dimissioni in bianco (abolite da Prodi col decreto predetto), venendo sostituita con la consulente personale del Ministro del Lavoro stesso, allora siamo di fronte ad un chiaro segnale che anche al livello politico più alto non si accettano di buon grado critiche ed obiezioni di sorta, a prescindere dalla loro fondatezza quale preciso indirizzo della volontà del Governo di sovrintendere alle politiche del lavoro senza contraddittorio alcuno. Anche a costo di sacrificare la sicurezza sul lavoro all’altare della produttività.
Passando attraverso la militarizzazione di alcune attività altrimenti improponibili altrove, per cui “A Persano, all'interno dell'area militare che ospita tre caserme e duemila soldati, ogni giorno arrivano oltre trecento balle delle 1.400 prodotte quotidianamente negli impianti che triturano la metà dei rifiuti campani. Più o meno un decimo della monnezza della regione viene accumulata nella base dell'esercito.” e a Chiaiano “Militari con le maschere antigas e operai che a mani nude rimuovono l'amianto senza nessuna protezione né per se, né per la popolazione, contravvenendo alla normativa vigente” situazioni confermate anche dalla stessa procura. Assegnando incarichi lavorativi estremamente dannosi per la salute a quella categoria di dipendenti pubblici, quali sono i militari, storicamente priva di tutela sindacale, per tanto priva di ogni capacità di autotutela sulla sicurezza delle attività lavorative.
Concludendo con la vicenda del macchinista delle Ferrovie licenziato per aver osato denunciare pubblicamente le inefficienze della sua azienda per quel che riguarda i treni su cui viaggia buona parte della popolazione italiana. Tant’è che in segno di solidarietà al collega che, oltretutto, risulta essere anche un rappresentante per la sicurezza dei lavoratori del suo comparto, è stato indetto anche uno sciopero.
Il tutto nell’assordante silenzio delle associazioni di categoria degli imprenditori, le quali ben volentieri si trincerano dietro scudo dell’inazione politica che essi stessi foraggiano, più o meno occultamente.
Insomma dalla politicizzazione delle assunzioni, alla dissuasione alla critica per le politiche sul lavoro, all’occultamento e secretazione delle attività lavorative più “scomode”, alla rappresaglia contro i pochi che osano ribellarsi al sistema, che impone la scelta tra il rischio di morire fisicamente e quello di morire economicamente a causa della perdita del posto di lavoro.
In questo cerchio della vita del mondo del lavoro, sappiamo che le prede alla base della piramide alimentare sono i lavoratori precari e al vertice i predatori sono gli imprenditori.
Omertà, non vedere, non sentire e, soprattutto, non parlare, ma solo votare, lavorare e spendere sono le caratteristiche ideali del lavoratore modello richiesti oggi in Italia.
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martedì 18 novembre 2008

Il comune senso del pudore perduto

Esiste un giudice a Berlino, o forse sarebbe meglio dire che esiste tutto un mondo fuori dall’Italia.
Dimostrazione di ciò è la perplessità intorno alla nomina di Hilary Clinton, come Segretario di stato USA. Pare, infatti, che il nodo sia legato ad un presunto conflitto di interesse con la fondazione dell marito Bill, il quale per reperire finanziamenti sia stato tutt’altro che schizzinoso, accettandoli anche da soggetti ed organizzazioni palesemente in antitesi con le politiche promosse dalla moglie. “ Hillary, nel corso della sua campagna elettorale, ha criticato la Cina per la questione del Tibet e chiesto al presidente George W. Bush di disertare la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Pechino. Ma la fondazione di Bill Clinton ha accettato finanziamenti da una società informatica cinese attivamente impegnata nella caccia a coloro che hanno manifestato contro Pechino”.
Possiamo ben comprendere che di fronte alla realtà e le commistioni tra politica, economia industria e quant’altro, tipica italiana, queste prudenze appaiono spropositate.
Senza star qui a riassumere il rosario di vicende locali che sono patrimonio della nostra quotidianità, và detto che, il generale senso di pudore della politica nostrana è assolutamente inesistente. Mentre gli Stati Uniti analizzano con il microscopio ogni possibile fonte di dubbio su quello che sarà il futuro staff di Barak Obama, noi continuiamo ad assistere a teatrini messi in piedi dai nostri politici, che tutto sono meno che rappresentanti del popolo che li ha votati.
Sia perché la loro designazione nelle liste avviene secondo criteri, esclusivamente verticistici del partito, grazie alla nuova legge elettorale, sia perché, nelle scelte politiche che i parlamentari perseguono sembrano percorrere vie assolutamente estranee a qualunque concetto di mandato politico-elettorale, sentendosi totalmente titolati all’autoreferenzialismo.
Ultimo esempio di questa concezione è il neo presidente della commissione di Vigilanza RAI, Senatore Villari, eletto grazie al voto della maggioranza, ma non dell’opposizione, in totale disprezzo della prassi che prevede che la designazione avvenga su indicazione di quest’ultima.
Il buon politico, neanche a dirlo, ex-democristiano – evidentemente mai ex abbastanza – sfoggiando un impeto di trasformismo decide di auto-proclamarsi “soluzione del problema” rigettando al mittente la richiesta di dimissioni immediate, provenienti da tutta la sua coalizione. Alcuni insinuano che tale inspiegabile, quanto folgorante illuminazione sia antecedente la sua elezione a presidente, al punto di spingerlo ad autovotarsi. Sostenuto anche da collega del PD, La Torre - colto recentemente nel inedito ruolo di insperato suggeritore del “avversario politico” del PdL, Bocchino nel corso di un dibattito televisivo, pur di confutare le polemiche e le accuse di tradimento del Senatore Donadi dell’ IDV.
Questa commistione e torbidità politica non sono nuove alla platea ormai assuefatta degli italiani. Tra le più recenti, le polemiche per la presunta compravendita di senatori da parte di Berlusconi nel corso della scorsa legislatura, che, seppur archiviata, perché non suscettibile di alcun rilievo penale, appare moralmente discutibile oppure il precedente voltafaccia del Senatore Di Gregorio che, eletto nella lista di Di Pietro, viene eletto presidente della Commissione Difesa del Senato, grazie ai voti dell’ opposizione, mentre i suoi colleghi di coalizione votavano la partigiana Lidia Menapace. Anche in questo caso, non solo non si assistette alle dimissioni del protagonista, ma addirittura si pervenne al suo transito nelle file del centrodestra.
Cosa dovrebbero insegnare certe esperienze? Che l’attuale sistema elettorale, da alcuni definito idoneo ad una migliore forma di “controllo” dei politici eletti, da parte delle rispettive segreterie di partito, perde di significato, se non si procede ad una adeguata selezione dei candidati da inserire, specificatamente per quel che riguarda il loro passato di “ballerini” da una corrente politica ad un’altra, nonché alla coerenza personale alle linee programmatiche della loro coalizione.
Ma, ancor più importante, che, le battaglie lanciate per l’efficienza del pubblico impiego, dell’ università e della sanità oppure l’allarme sicurezza contro immigrati e Rom, o anche le questioni inerenti il settore bancario, dei mutui e degli investimenti, e, ultimo ma non ultimo, il problema del mondo del lavoro e di quello imprenditoriale. Non potranno pervenire mai a soluzione definitiva se non si tornerà a mettere in primo piano la questione morale della politica.
Quello che un’anno fa era il tema di ogni discussione politica e non, “La Casta”, oggi è totalmente sparito da ogni dibattito, col senno di poi possiamo dire per scopi meramente opportunistici ed elettorali. La vera priorità nazionale e chiave di volta per la risoluzione di buona parte dei problemi del paese è che chi ha le redini del comando possa essere moralmente adeguato al suo ruolo. Per questo è necessario rispolverare tale questione dall’oscuro meandro in cui è stata fatta precipitare. Perché un paese privo del senso del giusto, dell’equo e di trasparenza è destinato a precipitare e, non già, a rialzarsi.
Perché anche l’Italia torni ad essere un po’ più mondo.
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lunedì 17 novembre 2008

La Pantera Rossa

Dopo tanto parlare e disquisire ecco che, grazie all’indefesso lavoro del Ministro Brunetta, i “Fannulloni” vedono svelata la loro vera identità. L’abnegazione e la pervicacia dell’ Inspector Cluseau, del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, ha permesso di dare un volto ai colpevoli del dissesto pubblico in cui versa l’Italia: “E' il Paese delle rendite, dei poteri forti e quello dei fannulloni, che spesso stanno a sinistra”, il solerte investigatore ha scovato la sua “Pantera Rossa”.
Insomma il volto oscuro dell’Italia viene ancora una volta a galla grazie al coraggio di questo pugno di uomini. Un sordido piano tessuto all’insaputa del mondo intero che mai e poi mai avrebbe potuto immaginare che nella terra la cui unica forma dittatoriale ha assunto le forme del fascismo, destra per antonomasia, seguita da quasi cinquant’anni di governo e lottizzazione Democristiano. Chi mai avrebbe potuto supporre che, nonostante ciò, purpuree trame permettevano a migliaia, forse milioni, di agenti, perfettamente addestrati nell’arte del non far nulla, di insinuarsi negli ingranaggi di quell’orologio svizzero pensato perfetto dai Cirino Pomicino, dai Forlani, dagli Andreotti, dai De Mita, e costruito migliore, al solo scopo di condurre il paese allo sfracello e dimostrare l’inadeguatezza dei loro avversari politici.
Addirittura la malvagia determinazione di questi eredi del bolscevismo più infido li ha spinti a essere straordinariamente preparati pur di sopravanzare nelle graduatorie tutti gli altri onesti cittadini. Infatti, proprio alla luce di ciò ora si comprende come la politica clientelare delle raccomandazioni e dei concorsi taroccati altro non era che l’azione di contrasto a questi pocodibuono.
Ulteriore indizio è il fatto che, essendo gli imboscati di sinistra, nelle aree geografiche politicamente controllate dai loro sodali, le pubbliche amministrazioni funzionino spesso meglio che in altre regioni. Ecco quindi che la “rossa Emilia” abbia servizi più efficienti della “cattolicissima Sicilia”. Quale ingiustizia e ingratitudine di tutti noi, dovette apparire ai difensori del servizio pubblico, quando accusavamo i politici che di volta in volta emergevano quali “pigmalioni” di quote significative di candidati, mentre invece era, la loro, solo una inevitabile,sacrosanta e meritoria azione di contrasto a questo stuolo di comunisti che pure di raggiungere i loro scopi ardivano presentarsi preparatissimi ai concorsi, pur di accaparrarsi tutti i posti a disposizione.
Non vi potrà mai essere giusta forma di adeguato riconoscimento per chi oggi ha deciso di intraprendere tale crociata, verso l’efficientismo e, perché no, un futuro migliore.
Non si dolgano quanti appartengono incidentalmente alla schiera dei nullafacenti, pur proclamandosi vicini al centrodestra, in sede processuale verrà riconosciuta la semi-infermità mentale, facilmente dimostrabile, in ragione del loro voto nel corso delle ultime elezioni.

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giovedì 6 novembre 2008

Il convitato di pietra con le stellette.

Ieri sera EXIT, il programma della 7, condotto da Ilaria D’Amico, aveva come tema “l’esercito italiano. Uomini che rischiano ogni giorno la vita, ma anche privilegiati e fannulloni. Dove si annidano gli sprechi? E dove si imboscano i soldati fannulloni? E come vivono gli eroi che vanno in missione rischiando la vita? L’esercito italiano nell’era del dopo-naja, come nessuno ve lo hai mai raccontato”.
Presenti in studio Ignazio La Russa, Ministro della Difesa, Rosa Calipari, capogruppo del PD alla Commissione Difesa della Camera, Matteo Salvini, vice-segretario nazionale della Lega Nord Andrea Nativi, giornalista de Il Giornale e direttore di RID, la Rivista Italiana Difesa e Franco Giordano, di Rifondazione Comunista.
Il tema ha suscitato non poche polemiche sia per il taglio giornalistico, che da La Russa è stato ritenuto denigrante dei militari, sia da quanti hanno assistito, ad una nuova sfuriata dello stesso ministro (dopo il caso con la De Gregorio), nei confronti della D’Amico e della redazione in quanto ritenuta rea di non aver saputo dare alla trasmissione un impostazione a lui più gradita.
In generale si parlava di soldi, sprecati, pagati o non dati. Il problema è che i convenuti sembravano un consesso di preti che parlavano di matrimonio, ossia tutti avevano un’infarinatura mediamente generica dei temi, ma con un approccio, per così dire, laico. Ossia privi di una approfondita conoscenza delle tematiche e della realtà dell’ambiente militare, sia sotto il profilo amministrativo che giuridico. Esemplare il momento in cui uno dei convenuti è stato inquadrato, a sua insaputa, mentre si rivolgeva ad un suo collaboratore presente in studio, chiedendo se fosse vera un’asserzione fatta da uno degli altri ospiti.
Senza voler entrare nel merito delle questioni dibattute, la domanda che nessuno si è fatto, ma che forse, a partire dalla redazione, sarebbe stato opportuno porsi. Ossia che, se si fosse parlato di temi come l’Alitalia, la Fiat, la Scuola o la Sanità, in studio avremmo avuto la presenza di almeno un rappresentante sindacale e/o di un esponente della categoria di lavoratori di cui si parlava.
Invece per i militari questo principio di rispetto e diritto all’autodifesa non è stato sancito, anzi si è preteso che ruolo di rappresentante di parte fosse svolto dal Ministro del dicastero interessato. Come pensare che, parlando di riforma scolastica, la Gelmini potesse assolvere il compito di rappresentare le ragioni anche dei dipendenti che contestano i suoi stessi provvedimenti. Un’ aberrazione meritevole di uno psichiatra e di anni di analisi.
Allora, forse, ancor prima di discutere se i militari lavorano o no, guadagnano o no, sono una risorsa o un peso per il paese, forse sarebbe utile stabilire se essi siano cittadini con i medesimi diritti, oltrechè doveri, di tutti gli altri cittadini, visto che non hanno neanche la possibilità di avere un organismo che svolga nei loro confronti un vero ruolo di parte sociale. Specificando che il Co.Ce.R. non è e non potrà mai essere tale finchè continuerà a sussistere come istituto interno alle gerarchie militari.
Il peccato è che nessuno dei presenti ha sentito, ieri, il bisogno di sottolineare l’assenza di questo convitato di pietra che era l’ipotetico rappresentante sindacale dei lavoratori con le stellette. Di sostenere che le denuncie, dure e concrete fatte dai reporter avrebbero avuto maggio vigore, forza, oltrechè essere maggiormente circostanziate, per non dire statisticamente significative, se nelle Forze Armate si aprisse la porta ad una maggiore democrazia interna, quale prodromo ad una maggiore trasparenza di ciò che avviene dietro il filo spinato di una caserma. A beneficio di tutti i cittadini che, giustamente, desiderano sapere come vengono spesi i soldi delle loro tasse.
Ma ieri, come tante altre volte in passato, ci si è persi a discutere del dito e non della luna che esso indica.
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mercoledì 5 novembre 2008

Quello che …i presidenti… non dicono.

Dunque, fiumi di inchiostro, non foss’altro perchè suona meglio di miliardi di bit, si stanno versando per commentare la vittoria di Barak Obama e la conseguente elezione del primo uomo di colore come inquilino della Casa Bianca.
Milioni di pagine si stanno riempiendo per descrivere questo momento e ciò che ha detto di fronte ai centomila di Chicago (al cambio italiano attuale valgono i tremilioni di Berlusconi e Veltroni).
Ma, forse, vista la straordinarietà dell’evento, è importante parlare anche ciò che non ha detto.
Nel passaggio del suo discorso in cui, riavvolgendo il filo della storia americana, ne ha riassunto i suoi passaggi salienti dell’ultimo secolo, partendo dal “new deal” di Rooswelt proseguendo per la lotta al Nazismo passando per lo sbarco sulla luna per finire al crollo del muro di Berlino.
Tutti elementi che hanno un posto di primo piano nella nostra memoria tranne che per un “piccolo” vuoto, che tale non è in quanto è stato in grado di riempire il nostro orizzonte impedendoci di scorgere qualunque cosa oltre di esso, negli ultimi sette anni.
Infatti, il neo Presidente degli Stati Uniti, ha omesso di citare ciò che ha reso il mondo attuale quale esso è. Possiamo credere che esso reputi gli eventi dell’ 11 settembre 2001, meno rilevanti dello sbarco sulla luna?
O forse questa omissione è un’apertura verso la sospensione del giudizio, su un’evento drammatico su cui si è basata tutta la politica del suo predecessore ma che ancora troppi interrogativi senza una giusta risposta solleva tutt’oggi.?
Non ci sono elementi sostanziali per rispondere a queste domande, per ora, sebbene si potrebbe intravedere una volontà di andare verso un mondo meno dominato dalla paura per la presunta minaccia di un male, tanto assoluto quanto imprendibile e mutevole, al punto da spingere molti a dubitare della sua esistenza, ameno nei termini e nelle forme in cui ci è stato descritto fino ad oggi.
Diceva Orwell che le guerre sevono a consumare il surplus di risorse prodotte dalla società, che, altrimenti distribuite, ridurrebbero il gap tra ricchi e poveri, inducendo questi ultimi a rivendicare ruoli di maggior responsabilità nel governo del mondo, facendo vacillare gli equilibri che hanno consentito a chi a governato fin ora di continuare a farlo in futuro.
Obama sarà, dunque, un “Grande fratello” più ammaliatore ed ingannevole di quanto non sia riuscito ad essere fin’ora, George W. Bush, oppure ne sarà un acerrimo nemico, esponendo, di conseguenza, se stesso come possibile obbiettivo di eclatanti minacce?
Infondo, Bush congratulandosi con Obama lo ha invitato a godersi questo momento e, visto chi formulava un simile auspicio, il tutto assume un che di inquietante, sia per lui, che per gli U.S.A., che per il modo intero.
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martedì 4 novembre 2008

Pillole

Il PdL scopre grandi similitudini tra Obama e Berlusconi.

Affidato l’incarico per un’analisi oggettiva, ad un prestigioso laboratorio scientifico emerge che:

OBAMA è alto,

BERLUSCONI non è alto,

OBAMA è nero,

BERLUSCONI non è nero,

OBAMA è bello,

BERLUSCONI non è bello,

OBAMA è magro,

BERLUSCONI non è magro,

OBAMA è Democratico,

BERLUSCONI non è (CENSURA)



La stampa scopre la meritocrazia anche in Vaticano, attribuendo il merito di questo al Ministro Brunetta.

Peccato che trattasi di provvedimenti approvati dal 2007 e che solo fortuitamente, come spesso accade per gli accordi contrattuali, entreranno in vigore dal gennaio 2009.

Si confonde la causa con l’effetto. Più che il merito del mini-ministro, l’efficientismo e la produttività nella santa sede è più probabile siano figlie della teutonica impostazione del Papa.

Attenzione che i legali di Piazza S.Pietro non intentino causa allo Stato italiano per richiedere i diritti d’autore sulla riorganizzazione del nostro sistema pubblico.


Veltroni auspica una riforma scolastica condivisa, ma solo dopo la cancellazione dei tagli.
Gasparri risponde: “non e' possibile dialogare con chi mente”.

Non si può che essere concordi con quanto sostiene il capogruppo del PdL alla Camera.


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lunedì 3 novembre 2008

Le speranze del passato e la certezza del presente.

Diceva Totò: “ si stava meglio quando si stava peggio…”, esprimendo questo, sintetizzava quel comune sentire popolare che ciclicamente esprime la nostalgia per i bei tempi andati. Ancor oggi, in Italia, assistiamo al dibattito nostalgico, che tende ad una rilettura della storia italiana dell’ultimo secolo. Il Principe De Curtis, direbbe: “Ah! Quando c’era Lui!...” Una volta, quanti esprimevano certi sentimenti, venivano dipinti come “nostalgici”.
In realtà, a ben vedere, questo sentimento non è proprio ed esclusivo del nostro paese, bensì è ampiamente diffuso anche presso altre aree e popolazioni. Non inusuale è riscontare analoghi rimpianti per Hitler in Germania, per Franco in Spagna, per Stalin in Russia. Credo che in India qualcuno rimpianga la Regina Vittoria. Non bastasse è probabile trovare alcuni disposti a sostenere che anche le dittature argentine e cilene avevano i loro lati positivi.
Insomma, questo per dire che la memoria tende una sottile tranello che ci porta a confondere la drammaticità di alcuni avvenimenti storici con la spensieratezza della gioventù, grazie alla quale si poteva affrontare con leggerezza qualunque difficoltà. Sicuri di aver, davanti, tempo più che sufficiente per far fiorire i nostri sogni e concretizzare le nostre speranze.
Una volta invecchiati, venuta meno la nostra capacità di immaginare un futuro diverso, ci rimane solo il confronto tra una passato artefatto dalla nostra memoria ed un presente deludente e claustrofobico, che ci soffoca e ci induce a cercar conforto nei ricordi, che, come una droga, a maggior ragione stimoliamo solo nella loro parte migliore.
Probabilmente è la storia stessa dell’umanità e delle persone che ambiscono ad assumere un ruolo ed una condizione migliore, e che, non riuscendovi, si confronta con i suoi fallimenti. Tutti alla ricerca del proprio ruolo in una democrazia sociale, economica e solidale veramente compiuta, in grado di darci serenità e certezze per il futuro nostro e dei nostri figli, ma poi traditi dalle più disparate forme di applicazione del potere ad ogni latitudine.
Un potere onnivoro che cerca nella auto-consacrazione dei propri esponenti il diritto alla supremazia su tutti gli altri. Giustificandolo in ogni epoca grazie a pretestuose investiture divine o terrene. Alimentato, nel passato, da filosofie religiose che, invocando il “Dio lo vuole” o per “Grazia divina”, concedevano imprimatur e supremazia di pochi su molti. In tal senso il Calvinismo ne è un lampante esempio allorché stabilisce che”Dio ha predestinato dall'eternità chi sarebbe stato oggetto della grazia salvifica indipendentemente da qualsiasi loro merito, per solo Suo insindacabile e giusto beneplacito”. Insomma i ricchi sono tali perché Dio arride a loro, mentre i poveri devono il loro stato miserevole al fatto di essere fuori dalla grazia di Dio.
Questo modo di intendere gli equilibri sociali, ben radicato proprio nella Svizzera delle Banche, ove Giovanni Calvino incontrò il maggior favore, in realtà era preesistente e diffuso in molti altri paesi, in quanto funzionale al mantenimento degli equilibri sociali atti a far si che i ricchi rimanessero tali e i poveri pure.
L’avvento dell’Illuminismo e delle sue teorie circa il primato razionale dell’intelletto, misero in crisi, quando non sovvertirono totalmente, l’ordine preesistente, facendo venir meno quelle argomentazioni che sancivano le differenze tra le classi sociali, introducendo concetti come l’uguaglianza, la libertà, la fraternità ed aprendo la strada alla rivendicazione di accesso al potere di fette sempre più ampie di popolazione, fino ad allora escluse per censo, rispolverando concetti vecchi di duemila anni come la Democrazia.
Oggi, dopo poco più di duecento anni questi concetti sembrano essersi radicati, ma solo in apparenza. In quanto le applicazioni reali della democrazia hanno, il più delle volte, ceduto il passo a forme di potere oligarchico. Sotto le spoglie dei più variegati ideali, principi e filosofie, il potere ha sempre cercato di tutelare se stesso. Sopravvivendo alla crisi, che ha visto il declino delle monarchie per diritto divino, ha assunto gli aspetti più pragmatici di quello che fino a non molto tempo fa era definito Capitalismo, tramutandosi oggi in Globalizzazione e Liberismo economico. Grazie al quale il maggior o minor successo o ricchezza terreno è da addebitare non più alla benevolenza dei numi, bensì alle capacità ed alle doti di ciascuno. Inducendo in tutti la convinzione che “chiunque può diventare Presidente”.
Il problema è che tale assunto è del tutto illusorio e privo di reale concretezza. In quanto questa è una partita che si gioca con un mazzo di carte truccate, dove jolly ed assi finiscono sempre in mano ai medesimi giocatori. Il nostro è un sistema a camere stagne dove solo raramente avvengono delle “contaminazioni” e dei “travasi” tra i diversi ranghi sociali. Per cui la maggior parte delle volte il livello sociale in cui si muore è il medesimo di quello in cui si nasce, quando non peggiore.
Gli apparenti e periodici progressi di benessere,cui la società è soggetta nel corso del tempo, vanno intesi più come miglioramenti di tutto il sistema nel suo complesso, risultanti da tutta la scala sociale che, nel suo complesso, tende a salire mantenendo, però, inalterata la sua struttura interna e le distanze tra di diversi scalini che la costituiscono.
Oggi il nuovo “verbo” questo ci promette, non meno vago e indimostrabile del paradiso, della vita eterna o della valle in cui scorra latte e miele. Anzi a differenza delle religioni non ci chiede di attendere il “post mortem” ma ci induce la convinzione che esso possa concretizzarsi, qui, subito, ora.
Da ciò deriva la frustrazione per il presente che acuisce, se possibile, il rammarico e la nostalgia per un passato che, per quanto brutto, concedeva la speranza, fittizia a insaputa di ciascuno, di un futuro di successo che non si concretizzerà mai. Inducendo in noi una depressione che ci spinge a trovare una via d’uscita in alternative autodistruttive e deleterie per noi e per chi ci è vicino.
In questo gioco al confronto tra passato e presente in realtà vince solo chi non essendo stato, mai veramente, spodestato allora, oggi cerca di riabilitare la propria immagine, demolendo le tesi che lo vedrebbero sconfitto, promettendo l’impromettibile, e liquidando tutto il resto come populistico che, si badi bene, nasceva come “tendenza a idealizzare il mondo popolare come detentore di valori positivi” ma che poi la politica - proprio lei - ha contribuito in maniera determinante a indurre in tale termine una valenza negativa e dispregiativa, associandolo sempre all’aggettivo demagogico.
Insomma chi detiene il potere ne rigetta la sua ridistribuzione e per far ciò bolla tutto ciò che emerge dalla sua base, il popolo, sprezzantemente.

mercoledì 29 ottobre 2008

Sindacati, un passo indietro di oltre trent’anni.

Immaginiamo che da domani la FIAT stabilisca che tutte le vertenze sindacali inerenti la propria struttura, possano avere come sua controparte solo un’unica organizzazione rappresentante il proprio personale, eletta tra i propri dipendenti. La cui composizione debba rispettare sia la consistenza numerica di tutte le categorie del personale in aziendale: operai, quadri intermedi e dirigenti, ma anche una partecipazione minima di ciascuna delle tre categorie predette in seno ad ogni singola unità di rappresentanza (che da ora in poi definiremo consiglio) per ogni centro di produzione o fabbrica presente nel territorio di due persone all’interno di ciascun consiglio e un membro suppletivo ogni duecento dipendenti di ciascuna categoria di quella struttura produttiva. Ipotizziamo, poi, che i consigli eletti a livello periferico provvedano ad eleggere un consiglio centrale che sia deputato a trattare i rinnovi contrattuali di tutti i dipendenti FIAT, sia che si tratti di impiegati in ufficio, che di chimici, che di tappezzieri che di chimici e quant’altro. Supponiamo che la composizione del consiglio centrale debba rispettare i medesimi canoni di quelli periferici (Per ogni categoria una presenza minima di due persone all’interno di ciascun consiglio con un membro in più per ogni delegato periferico avente diritto di voto) con la conseguenza che esso risulti composto orientativamente da un 20% di rappresentanti dei dirigenti, un 35% dei quadri intermedi ed un 45% degli operai, nonostante le proporzioni di consistenza delle tre categorie negli organici FIAT non siano le medesime, inoltre che la presidenza ciascun consiglio venga attribuita d’ufficio al dirigente di livello più elevato che svolga funzione di portavoce in ogni circostanza. Infine ipotizziamo che gli oneri di suddetta struttura siano a carico dell’azienda, la quale può dare o meno il proprio preventivo assenso e copertura finanziaria ad ogni singola iniziativa dei consigli. Giustificando eventuali dinieghi, ad esempio, in ragione difficoltà economiche sussistenti o semplicemente ritenendo, tali richieste, inopportune, immotivate o lesive dell’immagine dell’unità aziendale.
Alla luce di quanto descritto fin qui, molti avrebbero da obbiettare per il fatto che un sistema del genere non offre adeguate garanzie di autonomia e capacità di rappresentare il personale. Quanti, invece, abbiano avuto modo di leggere lo statuto dei lavoratori o, abbiano sostenuto anche solo pochi esami di diritto hanno, inoltre, immediatamente ricondotto tale fattispecie a quanto esplicitamente vietato dalla legge 300 del 1970, nota come Statuto dei Lavoratori, la quale prescrive: “art. 17. (SINDACATI DI COMODO).E' fatto divieto ai datori di lavoro e alle associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori”. Per i tecnici del settore questa tipologia è nota anche come Sindacato Giallo.
Sebbene gli U.S.A. liquidarono la questione già nel 1935 e da noi si dovette attendere il 1970, ad oggi siamo tutti ragionevolmente sicuri che i sindacati di comodo siano un’astrattezza difficilmente riscontrabile e contestabile nella realtà quotidiana, nonostante alcuni contestino alle attuali sigle di “operare secondo linee sindacali semplicemente moderate, grazie a meccanismi di sostegno, anche non finanziari, attivati da soggetti che perseguono interessi contrapposti a quelli dei lavoratori”, seppure, tale comportamento, non è formalmente riconducibile ad un sindacato giallo.
Da ieri possiamo dire che questo rischia concretamente di non essere più vero. Infatti, alla camera è stato approvato un emendamento al collegato alla finanziaria che riconosce al Consiglio Centrale di Rappresentanza Militare (Co.Ce.R.), articolato esattamente secondo i dettami ipotizzati prima per il FIAT, potere negoziale analogo a quello riconosciuto ai sindacati delle forze dell’ordine: “Il Consiglio centrale di rappresentanza militare (COCER) partecipa, in rappresentanza del personale militare, alle attività negoziali svolte, in attuazione delle finalità di cui al comma 1, e concernenti il rapporto d'impiego, lo stato giuridico e il trattamento economico e previdenziale del medesimo personale”.
Sarà che tale determinazione è contenuta in un articolo (39 bis del ddl 1441) che sancisce la specificità del personale dei comparti sicurezza e difesa, oltrechè dei vigili del fuoco, senza precisare in cosa si concretizzi sostanzialmente tutto ciò, eppure la cosa interessante è che questo mirabile risultato sostenuto e votato dal centrodestra, con l’astensione di PD e IDV, è stato salutato come una conquista dai parlamentari che l’hanno votato come Gasparri (PdL): “Una svolta di importanza storica quella sancita oggi alla Camera. E' stata approvata la specificita' delle forze dell'ordine e armate ed e' stato riconosciuto il ruolo negoziale dei Cocer in sede di rinnovo dei contratti. Sono impegni che avevamo preso con il personale in divisa e che oggi si realizzano”.
Sarà che durante il “ventennio” i sindacati furono sciolti in corporazioni, ma evidentemente la specificità di chi veste una divisa, viene intesa, da parte di questa maggioranza, semplicemente come una esclusione da quanto previsto e vietato dalla legge in tema di sindacati di comodo.
Il bello è che il problema dell’ingerenza della gerarchia non solo è emerso durante la discussione in aula, ma è anche stato ritenuto imprescindibile e da salvaguardare come si evince dall’intervento dell’ On. TASSONE (UDC): “non ritengo che gli organismi di rappresentanza militare possano svincolarsi dal rapporto gerarchico. Se li svincoliamo da tale rapporto ed allineiamo la rappresentanza militare al sindacato, dando la possibilità di negoziare anche l'impiego, viene meno il principio fondamentale della specificità dello status militare”. Insomma nessuno invochi l’involontarietà, in quanto il dolo di voler mantenere un sistema di rappresentanza sotto lo stretto controllo del vertice dirigenziale è assolutamente premeditato. Infatti se prima i contratti per Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza li firmavano gli Stati Maggiori, da domani l’onere della firma ricadrà ufficialmente su un Co.Ce.R. da questi ultimi, indirettamente, controllato anche grazie al sistema gerarchico attraverso il quel si determinano, avanzamenti, retribuzioni, incarichi, trasferimenti e quant’altro dei delegati che compongono il Consiglio. Insomma per fare un’analogia il “burattinaio rimane dietro le quinte a manovrare mentre il rischio di ricevere i pomodori in faccia, da parte della platea, rimane totalmente a carico delle marionette”, per essere comodo è proprio comodo un sindacato come questo.
Non bastasse tra gli intendimenti del Governo, c’è la tecnica, mai tramontata, di “dare” (o fingere di farlo) con una mano e togliere, abilmente, con l’altra. Dato che, parallelamente al collegato alla finanziaria, è in procinto di essere discusso in aula anche la stessa legge finanziaria, catalogata con un numero dai risvolti inquietanti, 1713, la quale, al comma 35 dell’articolo 2 recita: “Dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria le somme previste possono essere erogate anche mediante atti unilaterali, salvo conguaglio all'atto della stipulazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro”. Insomma da una parte sembrano intenzionati a concedere un diritto alla concertazione, seppur spurio, a chi ad oggi non lo ha, dall’altra provvedono a far sì che, in ogni caso, il Governo possa decidere autonomamente, di sottrarsi a questo confronto con le parti sociali, note per la loro ostinata e incomprensibile tendenza a non dargli sempre ragione, decidendo a proprio piacimento come distribuire le risorse contrattuali ai dipendenti, relegando la concertazione ad una semplice presa d’atto notarile di quanto stabilito dall’Esecutivo.


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lunedì 27 ottobre 2008

Il rispetto per i morti, i diritti dei vivi.

Certo, è importante saper rispettare il dolore e commemorare chi non è più tra noi: Stefano Bazzo, Michele Cargnoni, Marco Partipilo, Giovanni Sabatelli, Carmine Briganti, Giuseppe Biscotti, Massimiliano Tommasi e Teodoro Baccaro. Uomini dell'84esimo centro Sar (Search and Rescue).
Morti perché l’elicottero HH3F su cui volavano è precipitato lo scorso 23 ottobre nei pressi di Dijon, Francia. Ma è altresì indiscutibile che proprio per riempire di significato anche una vicenda drammatica come la morte che se ne devono cercare le ragioni. Non solo quelle tecniche e circostanziali, atte a comprendere perché quell’elicottero e non altri sia caduto, ma quelle più generali che fanno sì che per un compito così importante come quello del salvataggio di vite umane si utilizzino mezzi aerei vecchi di trent’anni.
Il Ministro della difesa La Russa si appella all’imponderabilità dell’evento, dichiarando: "Ho chiesto informazioni precise e dettagliate e parlano a favore di un'assoluta imprevedibilità dell'evento". Precisando poi: "Mi assicurano che i mezzi erano assolutamente secondo la norma, ma questo non vuol dire che non bisogna intensificare ogni possibile misura di sicurezza".
Orbene, nulla da eccepire sulla posizione formale espressa dal titolare del dicastero della Difesa.
Diverse indagini sono già in corso e l’impegno è di “intensificare le misure di sicurezza”.
Queste dichiarazioni hanno però la pecca di scontrarsi con quanto dichiarato dal Capo di Stato Maggiore della Difesa Generale Camporini, durante un’audizione presso la Commissione Difesa del Senato, lo scorso 23 Luglio il quale rilevava che “il decreto-legge n. 112 del 2008 determinerebbe in brevissimo tempo un decadimento delle attuali capacità operative e dell’efficienza delle Forze armate in tutte le sue componenti (…) Verrebbe pregiudicata l’efficacia operativa dello strumento militare (…) forzata diminuzione delle attività addestrative principali per l’Esercito, le ore di moto per la Marina e le ore di volo per l’Aeronautica, diminuendo i margini di sicurezza nell’impiego (…) riduzione di 2,8 miliardi rispetto al progetto di bilancio 2009 e di 1,1 miliardi rispetto a quello del 2008. Per tutta la Difesa si tratterebbe di 3 miliardi di euro in meno rispetto al progetto di bilancio e di 800 milioni di euro in meno rispetto al 2008, con prospettive per il 2010 e 2011 anche molto peggiori in assenza di interventi correttivi (…) rilevato la sussistenza di ulteriori timori in relazione alla condizione del personale, (…) esiste una fondata preoccupazione per una prospettiva futura non favorevole rispetto all’approntamento e al mantenimento delle capacità operative, se non interverranno segnali positivi di inversione tendenziale nel settore (…) sul piano finanziario è ormai improcrastinabile prevedere risorse all’ammodernamento, rinnovamento e adeguamento tecnologico, generalmente a valenza pluriennale e svolti principalmente in cooperazione internazionale, dei mezzi e materiali”.
Insomma l’allarme veniva lanciato ormai da tempo, i tagli economici operati dal governo esponevano a seri rischi “diminuendo i margini di sicurezza nell’impiego”. Ciò nonostante, la posizione dell’esecutivo non mutava e nella discussione della finanziaria, alla presenza di La Russa e del sottosegretario Corsetto, il relatore Onorevole Speciale (ex Comandante generale della Guardia di Finanza), relazionava, senza che i primi due nulla eccepissero, che: “il decreto-legge n. 112 del 2008, ha definito lo scenario finanziario per il prossimo triennio, prevedendo (…) sensibili riduzioni di spesa a partire dall'anno 2009. Per effetto dell'applicazione di tali disposizioni lo stato di previsione della spesa del Ministero della difesa evidenzia un progressivo decremento degli stanziamenti di bilancio per il nuovo triennio che passano da circa 20,3 miliardi di euro per il 2009 a circa 18,9 miliardi di euro per il 2011. Significative riduzioni degli stanziamenti relativi a ciascun macrosettore di spesa, (…) In definitiva le previsioni complessive di spesa per la funzione Difesa ammontano per l'anno 2009 a 14.339,5 milioni di euro, con un decremento del 7 per cento rispetto al 2008. Per quanto attiene al PIL, il rapporto percentuale scende allo 0,87 per cento con un modesto decremento rispetto al 2008, quando era pari allo 0,966 per cento, e con un differenziale dello 0,55 per cento rispetto alla media dell'1,42 per cento che caratterizza i Paesi Europei. A fronte di un previsto modello a 190.000 unità di personale delle tre Forze armate e di una consistenza complessiva nel 2008 di circa 182.000 unità, si arriverà nel 2012 a una consistenza complessiva di appena 141.000 unità, con un'età media di oltre 30 anni. Tutto ciò comporta, fin da subito, sempre secondo la nota preliminare, pericolosi effetti degenerativi, sia sul piano organizzativo-sociale che sulla stessa capacità della Nazione di onorare gli impegni internazionali assunti. Per quanto riguarda il settore dell'esercizio, i relativi volumi finanziari risultano assolutamente insufficienti per assicurare, sia pure al minimo livello di adeguatezza, le attività di addestramento e formazione, le attività di manutenzione e le scorte di materiali necessarie per far fronte agli impegni nazionali oltre a quelli della NATO dell'UE e dell'ONU. In particolare, le proiezioni su base triennale 2009-2011, evidenziano il rischio di un progressivo decadimento operativo dello strumento militare con una riduzione prossima all'azzeramento delle esercitazioni, evidenziandosi una perdita di operatività che addirittura raggiungerebbe livelli prossimi allo zero nel 2012.”
Insomma nonostante gli slogan di facciata cha hanno caratterizzato la propaganda elettorale del centro destra, al grido di più sicurezza, la Difesa vede, così come tutto il resto del comparto pubblico, gravissimi tagli di spesa. Anzi i numeri da loro stessi rappresentanti ammettono che a fronte di uno stanziamento che con il Governo Prodi era ritornato prossimo al 1% del PIL, ora viene nuovamente ridotto allo 0,87%.
Evidentemente questi segnali non vengono, a tutt’oggi, ritenuti insufficienti a capire che le conseguenze di questa politica non produce effetti deleteri su atti formali e carte bollate ma sulla salute e la vita di persone. Che tra coloro che negli ultimi tempi sono stati trattati e definiti “fannulloni” vi sono, di fatto, anche coloro che mettendoci del proprio sopperiscono ai tagli ed alle carenze del sistema. Vi sono tutte le vittime, presenti e future di questa politica di annunci.
D'altro canto anche Veltroni , dinnanzi al popolo del PD, riunito al circo massimo due giorni dopo la tragedia, ha trovato parole solo per il sacrosanto riconoscimento dell’impegno delle forze dell’ordine, dimenticando l’impegno degli appartenenti alle forze armate (come se fosse la stessa cosa), anche solo per tributare un caritatevole commiato agli otto militari dell’Aeronautica, non meno morti bianche di tante altre, che destano in altri casi, le giuste riprovazioni e vistose levate di scudi del suo partito.
Insomma essere una categoria, quella dei militari, abituata a lavorare in silenzio paga il prezzo dell’oblio dei diritti a destra come a sinistra

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venerdì 24 ottobre 2008

La polpetta avvelenata del Picconatore.

A molti è apparso come un “déjà vu”, il ritorno del Kossiga nemico dei manifestanti, del picconatore irriverente. L’intervista rilasciata dal Presidente emerito della Repubblica al Quotidiano nazionale ed apparsa ieri nella quale propone una suo chiaro approccio al problema del dissenso emerso contro la riforma scolastica varata dall’ Esecutivo.
Qui di seguito alcuni stralci tra i più significativi e, per così dire, illuminanti: ''Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornera' ad insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate Rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università (..) Maroni dovrebbe fare quello che feci io quando ero ministro dell'Interno. In primo luogo lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino di dodici anni rimanesse ucciso o gravemente ferito... Lasciar fare gli universitari. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle universita', infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovra' sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. (…) Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pieta' e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in liberta', ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano (…) Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine si'.”
Certo dichiarazioni come queste non potevano non assumere una straordinaria rilevanza e sincronia con quelle rilasciate dal Presidente del Consiglio Berlusconi : "Voglio dare un avviso ai naviganti: non permetteremo che vengano occupate scuole e università perché l'occupazione dei posti pubblici non è un fatto di democrazia ma di violenza nei confronti di altri studenti, delle famiglie e dello Stato (…)Oggi convocherò il ministro dell'Interno e gli darò istruzioni dettagliate su come intervenire con le forze dell'ordine per evitare che queste cose succedano".
Tra le tante cose che si possono dire di Francesco Cossiga, difficilmente gli si può attribuire dabbenaggine o di essere uno sprovveduto. Infatti analizzando le parole che usa e la loro correlazione il dubbio legittimo che ci si può porre è se veramente intendeva dare un consiglio a Maroni o, piuttosto sparigliare le carte e scombinare presunti progetti di alcuni non meglio identificati. Infatti il “cui prodest” ci imporrebbe di stabilire se dicendo queste cose abbia portato acqua al mulino del Governo o, piuttosto non abbia contribuito a fargli franare la terra sotto i piedi?
Dalla posizione privilegiata in cui si trova, quella che lo raffigura come “nonno anziano” a cui, alle volte si tendono a perdonare anche le affermazioni più gravi, sa che le conseguenze sono di piccola entità per se stesso, ma di più ampia portata per tutti gli altri. Un po’ come il giocatore di scacchi, che, a differenza di tutti gli altri pezzi della scacchiera, per quanto sconfitto, è l’unico che non potrà mai essere mangiato.
Da questo punto di vista potremmo rileggere ciò che dice ad un Governo che, ricordando bene, ha le maggiori responsabilità in una vicenda ancora aperta e, per molti versi oscura, come quella del G8 di Genova e della scuola Diaz di Bolzaneto, dove sono emerse precise responsabilità della polizia nella fabbricazione di prove false. Che la dicono lunga sulla avezzità di questa politica di creare un “casus belli” atto a giustificare la repressione generalizzata di certi movimenti di opinione.
Alla luce di ciò autodenunciare le sue strategie degli anni settanta sembra più teso ad impedirne la replica nel contesto odierno. Anzi la precisazione che fenomeni terroristici si fossero generati nelle università, abbinato al fatto che esistessero agenti provocatori all’interno di queste strutture, sembra dare nuova linfa a quanti hanno sempre sostenuto la tesi del disegno del complotto di stato che, tramite i servizi segreti, alimentava il terrorismo al fine di giustificare l’instaurazione di un “regime di polizia” e il compattamento dell’opinione pubblica dietro una classe governante ormai stanca ed appannata che perdeva sempre più consensi. Non per nulla, figlia degli anni di piombo, è quella classe politica che ha generato, tra le tante cose, il decisionismo craxiano, tangentopoli e la mostruosa crescita del debito pubblico italiano, che per molti anni ha avuto mano libera per operare a suo piacimento. Concorrendo in maniera decisiva alla costituzione di quella che, ormai tutti, definiamo unanimemente “Casta”, ma che nessun politico sembra intenzionato a debellare.


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mercoledì 22 ottobre 2008

Dimmi con chi vai…

Un proverbio dice “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. Prendendo in esame molte delle cose, più o meno recenti, che riguardano la storia politica ed economica italiana, possiamo dire che ci troviamo di fronte ad un esemplare caso di assoluta coerenza e attinenza a questo detto.
Anche se questo implica la consapevolezza che la realtà attuale e la sua presumibile proiezione nel futuro non lasci molti spazi alla speranza di prosperità ed abbondanza.
Recentemente Silvio Berlusconi ha ribadito tutta la sua stima per George W. Bush, per la sua politica passata e futura, arrivando, addirittura ad una vero e proprio endorsement a favore di McCain, quale possibile futuro inquilino, Repubblicano, alla Casa Bianca. Dunque una presa di posizione non di poco conto per il Presidente del Consiglio di un paese che rivendica una posizione tra i grandi della terra. La scelta di stare affianco a quel Bush dal suo stesso paese indicato come corresponsabile, per omesso controllo, dell’attuale crisi finanziaria e, da cui, molti suoi concittadini, oltrechè colleghi di partito, tendono ora a prendere le distanze. Primo tra tutti lo stesso candidato Repubblicano alla presidenza, McCain e buon ultimo il suo ex segretario di stato, Repubblicano da una vita, Colin Powel. Insomma una “amicizia” che rischia di trasformarsi nell’abbraccio mortale di chi annaspando nel mare in tempesta, sta per annegare.
Contemporaneamente apprendiamo che l’OCSE, nel suo rapporto Growing Unequal, ci dice che: “In Italia disuguaglianza e povertà sono cresciute rapidamente durante i primi anni novanta. Da livelli simili alla media OCSE si é passati a livelli vicini a quelli degli altri paesi dell’Europa del Sud. Da allora la disuguaglianza é rimasta ad un livello comparativamente elevato. Tra i 30 paesi OCSE oggi l’Italia ha il sesto più grande gap tra ricchi e poveri”. Nella fattispecie dopo Messico, Turchia, Portogallo, Polonia e Stati Uniti. Dunque nuovi “compagni di viaggio” si affiancano al cammino italiano in una poco gratificante graduatoria di demerito. In tal senso la relazione del Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ci conferma la difficoltà di quella parte di società più debole: “Le ripercussioni della crisi vanno ben al di là del sistema bancario. Famiglie e imprese sono colpite sia direttamente, per la perdita di valore dei titoli Lehman che esse detengono, sia indirettamente, a causa delle prospettive di una restrizione del credito conseguente alle tensioni finanziarie del momento”. Da ciò si comprende come, il gap descritto nel rapporto, non nasca oggi ma sia figlio della fine dello “yuppismo” degli anni ottanta, incancrenendosi nel decennio successivo. Insomma il prodotto di quelle strategie finanziarie che puntavano, più che sulla ricchezza derivante dalla produzione di beni e servizi reali, sulla speculazione derivante dalle trasazioni borsistiche e dalle speculazioni del mercato. Anche se le recenti “piene condivisioni” tra Confindustria e Berlusconi parlano di: " varare delle misure importanti a sostegno delle imprese. Se lo Stato entrerà nelle banche, è chiaro che sarà solo una presenza temporanea, il Tesoro sottoscriverebbe azioni senza diritto di voto. Ridurremo la pressione appena i conti pubblici ce lo permetteranno". Per dirla in parole povere, totale antitesi con ciò che rileva il rapporto OCSE in quanto si prevedono sostegni a chi ha avuto modo di correre negli ultimi anni e mentre le misure per chi è rimasto più indietro dovranno ancora attendere.
L’OCSE non è nuova ad evidenziare, anche impietosamente, le contraddizioni italiane. Presumibilmente inosservato è passato il rapporto: “Handbook on Human Rights and Fundamental Freedoms of Armed Forces Personnel” (il Manuale per i Diritti Umani e le Libertà Fondamentali del Personale delle Forze Armate). Frutto di un questionario (The ODIHR-DCAF Questionnaire on Human Rights of Armed Forces Personnel in OSCE Participating States, 2005) inviato a 56 paesi. Il cui concetto fondante è che, in un sistema internazionale, dove, forze armate e forze dell’ordine sono poco avezze ad una pratica democratica e di rispetto dei diritti al loro interno, difficilmente ci si può attendere che esse possano trasmettere proficuamente il rispetto per la democrazia e per i diritti negli scenari, nelle quali sono impegnate, a quelle popolazioni le cui istituzioni democratiche sono ancora deboli ed instabili. Insomma esattamente quanto accade in Italia, dove i nostri uomini e donne sono ampiamente impegnati ad “esportare democrazia” in scenari, come Iraq, Iran, Libano, Somalia sebbene dall’ordinamento militare la concezione democratica e dei diritti soggettivi del personale in divisa, figuri come grande assente. Ciò nonostante l’Italia decideva di non rispondere in alcun modo al questionario, scegliendo, ancora una volta la compagnia con cui stare, ossia dei paesi che non ritengono necessario analizzare tale problema, quali: Albania, Andorra (senza forze armate), Armenia, Cipro, Grecia, Ungheria, Islanda (senza forze armate), Kazakhstan, Kyrgyzstan, Macedonia, Moldavia, Monaco (solo con la guardia cerimoniale di rappresentanza), Olanda, Romania, San Marino (senza forze armate), Turkmenistan e Uzbekistan.
Più di recente una nuova scelta di “amicizia” è stata fatta dal nostro Governo in materia di politiche contro l’inquinamento a seguito della nostra sottoscrizione del protocollo di Kyoto. Nella fattispecie il dissenso espresso dall’Italia, per le scelte dell’Unione Europea, è stato argomentato sostenendo che se USA (ancora loro), India e Cina non aderivano al medesimo protocollo, fosse, di fatto, inutile lo facesse anche il resto del vecchio continente. Nell’interesse delle aziende italiane che così non sarebbero costrette a sostenere i costi degli adeguamenti imposti dalle nuove politiche ecologiste. Ancora una volta si palesa la tutela del profitto aziendale, trascurando i riflessi negativi sul resto della popolazione. Stavolta a sostegno di questa posizione, Berlusconi, proclamava d’essere capofila di un’ampia compagine di dissenzienti. Ben nove, ossia: Repubblica Ceca, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Slovacchia. E’ comprensibile che le difficoltà di questi paesi derivi da una situazione economica che è frutto dei postumi derivanti da decenni di politiche economiche dei regimi che li governavano. Quello che appare meno chiaro è la ragione delle difficoltà di un paese come l’Italia nella quale la politica economica ha avuto modo di svilupparsi secondo meccanismi analoghi a quelli del resto delle nazioni europee che, invece, decidono di applicare le disposizioni in materia di abbattimento delle emissioni di gas serra..
I pochi esempi fin qui riportati potrebbero trovare ampi riscontri in tante altre realtà e raffronti internazionali. Detto questo, continuiamo a figurare (solo in apparenza) tra le “grandi potenze” del pianeta. Sediamo al G8, ne vogliamo organizzare, secondo quanto dice il Cavaliere, uno “Plus” allargato a sedici paesi come : “India, Cina, Egitto, sud Africa, Messico, Brasile e Australia'' perché ''Oggi i paesi del G8 fanno meno del 50% dell'economia mondiale, vogliamo arrivare all'80%''. Ma nessuno osa dirci che se quella quota di economia mondiale è scesa sotto il 50% è molto per colpa dell’ Italia e delle scelte operate dalla sua classe dirigente degli ultimi trent’anni.
Perché grazie a loro scopriamo che i nostri compagni di viaggio oggi sono, ormai, ben altri e ad essi somigliamo.


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venerdì 10 ottobre 2008

Nessuno disturbi il sonno della Consob…

Queste sono le dichiarazioni rilasciate da Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri a Napoli. “È il momento di comprare Eni e Enel, perché le azioni con quei rendimenti dovranno ritornare al loro vero valore (…) se si hanno delle azioni non bisogna assolutamente venderle, se invece abbiamo dei soldi liquidi io consiglio di comprare quelle azioni che valevano 10 un anno fa e che adesso valgono 2-3-4 (…) le azioni di Eni e Enel, ora sono sottovalutate sono aziende che continuano a fare utili (…) Eni, quest'anno, avrà un utile straordinario(…) sarò accusato di fare il venditore, ma io credo di fare il mio dovere di presidente del Consiglio per evitare il panico e per dare serenità agli italiani”
Questo è ciò che illustra wikipedia sul termine aggiotaggio
L'aggiotaggio è un reato, disciplinato dal codice penale, che all'articolo 501, intitolato "Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio", recita:
«Chiunque, al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da uno a cinquanta milioni.
Se l'aumento o la diminuzione del prezzo delle merci o dei valori si verifica, le pene sono aumentate.
Le pene sono raddoppiate:
1. se il fatto è commesso dal cittadino per favorire interessi stranieri;
2. se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello Stato, ovvero il rincaro di merci di comune o largo consumo.
Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche se il fatto è commesso all'estero, in danno della valuta nazionale o di titoli pubblici italiani.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici».
Inoltre è regolato dall'art. 2637 del Codice Civile:
«Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la reclusione da uno a cinque anni».
Con operazioni di aggiotaggio è possibile trarre grandi profitti illeciti, provocando conseguentemente danni economici agli altri operatori sul mercato. Oltre che dal punto di vista giuridico e penale, questo reato è considerato anche particolarmente deplorevole dal punto di vista morale, in quanto il danno economico maggiore ricade molto spesso sui piccoli risparmiatori.
Visto il quadro generale dell’economia potrebbe non essere proprio questo il momento per certe dichiarazioni.
Ovviamente è difficile immaginare alcuna iniziativa da parte della Consob.


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Le travi e le pagliuzze del Cavaliere

Si dice che anche in carcere esista un’etica ed una giustizia non scritta tra i detenuti, soprattutto nei confronti di quanti si macchino di specifici reati abietti anche al più incallito dei criminali.

Questo per dire che nessuno rinuncia all’opportunità di ergersi a giudice altrui, anche quando molti elementi direbbero quanto sia il caso di soprassedere. Per tornare all’esempio delle galere, immaginiamo pluri-omicidi che giudicano con spregio pedofili e via dicendo.

Le recenti vicissitudini del Governo italiano ci dicono che la raccomandazione evangelica: perché guardi la pagliuzza negli occhi di tuo fratello quando hai una trave nel tuo? Ipocrita togli prima la tua trave!”, non sia precisamente di casa.

Infatti in questi giorni sentiamo Berlusconi dichiarare: "Il 22% del Pil italiano è sotto il tavolo. Se si pagassero le tasse su questo 22%, l'erario incasserebbe ogni anno 100 miliardi in più". Evidentemente dimenticando che in un recente passato sosteneva tesi sostanzialmente diverse come: le tasse sono giuste se al 33%, se vanno oltre il 50% allora è morale evaderle”.

precisando che si tratta di un fenomeno che “ha radici antiche, una forma patologica, endemica, ma non é più tollerabile, per questo vogliamo estirparla”. Indiscutibile la condivisibilità di queste nuove affermazioni sennonché sono state proferite da qualcuno che in passato ha beneficiato di:

assoluzioni con formula dubitativa (comma 2 art. 530 Cpp) per i fondi neri Medusa e le tangenti alla Finanza (“insufficienza probatoria”),

assoluzioni – All Iberian/2 e Sme-Ariosto/2 – perché “il fatto non è più previsto dalla legge come reato” (depenalizzazione del falso in bilancio).

amnistia per falso in bilancio sui terreni di Macherio;

prescrizioni, grazie alle attenuanti generiche, All Iberian/1 (finanziamento illecito a Craxi), caso Lentini, bilanci Fininvest 1988-’92 e 1500 miliardi di fondi neri nel consolidato Fininvest (falso in bilancio con prescrizione dimezzata dalla riforma Berlusconi).

Insomma un bel curriculum, degno del premio: “Miglior trave nell’occhio 2008-2009”. D’altro canto lui stesso dichiara la sua specifica competenza "Conosco bene il problema della corruzione" consentendo di aggiungere alla lista anche il processo avviato nei suoi confronti dal tribunale di Milano e sospeso in virtù del Lodo Alfano, proprio per corruzione.

Non contenti, proseguendo nelle cronache di queste ore leggiamo che un ministro del suo Governo, Giulio Tremonti dichiara: "Chi sbaglia nelle aziende deve pagare. E non è possibile che qui non si paghi mai: sia quando il dirigente non si dimostra all'altezza e sia, quando va sotto processo". Peccato che a dirlo sia un politico che condivide gli scranni di Camera e Senato insieme a molti condannati, che ben si sono guardati dal dimettersi, e che nella C.A.I., che ha rilevato la parte produttiva di Alitalia, grazie all’appoggio suo e di tutto il Governo, siedano molti manager con precedenti tutt’altro che esaltanti e che a pieno titolo potrebbero essere annoverati tra quelli da lui censurati. Tra cui Cesare Geronzi, presidente di Mediobanca, il quale ha un processo per il fallimento del gruppo Italcase Bagaglino (condannato in primo grado), per la Parmalat e per usura. Potrebbe sorgere il dubbio che possa essere proprio per lui il “vestito” che descriveva il ministro dell’economia.

Getta più di un’ombra il clamore destato dalla presenza di un articolo nel decreto “salva Alitalia” grazie al quale sarebbe garantita l’ inperseguibilità dei manager coinvolti in casi di bancarotta. Nonostante il repentino dietro-front di tutto il governo, ed in primis di Berlusconi “non ne sapevo niente” (forse era uscito a prendere un caffè durante il Consiglio dei Ministri, mentre gli altri Ministri dentro si davano alla pazza gioia) anche se, dopo aver riferito che il decreto non è esattamente come quello richiesto da Tremonti, ha puntualizzato: "E' proprio quello che volevo io". Eppure i senatori che l'hanno presentato spiegavano ai colleghi del gruppo Pdl di aver ricevuto il via libera di Palazzo Chigi.

C’è da chiedersi se possano essere solo mere congetture quelle che fanno da “très d’union” tra tutto ciò e Berlusconi che dichiara di aver ricomposto "l'amicizia con Cesare" (Geronzi n.d.r.) oppure in una cena poco prima che cadesse il governo Prodi, "tutti devono fare i conti con Geronzi" seguite dopo la vittoria del Pdl alle elezioni, "tutti devono fare i conti anche con me". Fino ad arrivare ad assumere il carattere delle alleanze tra le grandi nobiltà regnanti, che per suggellare patti combinavano matrimoni d’interesse, allorché registriamo l’ingresso nel C.d.A. di Mediobanca di Marina Berlusconi, figlia di Silvio, grazie alle quote Fininvest (1% del capitale e un altro 1,2% non vincolato all'accordo parasociale). Tanto da chiedersi il perché di cotanta gratificazione visto la partecipazione azionaria sufficientemente marginale. A meno che non le si voglia attribuire un “maggior peso politico indotto” in seno al C.d.A. grazie al ruolo paterno.

In questo quadro generale che si delinea, di scarsa credibilità per un economia speculativa e profittatrice e per una politica che non è stata in grado, o forse non ha voluto, svolgere quella funzione di controllo, risulta difficile essere sensibili al richiamo all’ordine del prete di turno che dice “fate quello che dico, non fate quello che faccio…”


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mercoledì 24 settembre 2008

De Magistris trasferito

Dal 17 settembre scorso il Dr. Luigi De Magistris, è trasferito al tribunale del riesame di Napoli.
Nonostante tutti gli elementi concreti ci dicono che nulla nel suo operato fosse meritevole di alcuna riprovazione o censura,
anzi che era vero il clima ostile che egli aveva vissuto a Catanzaro, per aver osato sfidare il clima di collusione tra politica e magistratura.
Nessun giornale o nessuna televisione ha dato risalto al fatto che la determinazione del Ministro della Giustizia, Avv. Alfano, il 9 settembre scorso, abbia decretato il trasferimento d'urgenza da Catanzaro a Napoli, sebbene lo stesso C.S.M. pur censurando De Magistris non ne abbia ravvisato la medesima necessità, l'esponente del Governo ha voluto imprimere un'inspiegabile accelerazione dando, di fatto, esecuzione alla minaccia proferita nel corso di una conversazione telefonica da Giuseppe Chiaravalloti, già procuratore capo, poi presidente forzista della regione Calabria e oggi vicepresidente dell’Autorità Garante della Privacy con Giovanna Raffaelli, sua segretaria particolare e moglie di uno degli imprenditori indagati, nel novembre 2005, allorchè decretò:"Lo dobbiamo ammazzare…no gli facciamo le cause civili per il risarcimento danni e ne affidiamo la gestione alla Camorra napoletana... (...) Ma questa gliela facciamo, gliela facciamo pagare brutta... vedrai "
Ma nessuno ha ritenuto necessario dar conto di ciò agli italiani.

lunedì 22 settembre 2008

La colonna infame dell’informazione

Qualche giorno fa, Ilvo Diamanti in un suo articolo, rifletteva sulla correlazione tra, il crescente consenso che viene accreditato al Governo Berlusconi e la delusione per tutto lo stato delle cose che riguarda la loro vita. In qualche modo egli si meravigliava, infatti scriveva: “E' un po' sorprendente che la delusione, tanto diffusa nella società, non produca sfiducia nel governo e, in primo luogo, nel premier. Eppure in passato aveva sempre funzionato l'equazione: più delusione meno consenso a chi governa”. Prosegue la sua analisi evidenziando come di fatto il detto “Piove! Governo ladro” si sia invertito a beneficio dell’attuale esecutivo e della maggioranza che lo sostiene.

Dissertando lungamente circa il modo in cui questo ribaltamento si sia concretizzato, conclude con un laconico invito alla speranza: “Per fare opposizione occorrerebbe, al contrario, spingere la delusione più in là. Generare speranza, non nuove illusione. Ma la speranza è un attributo del futuro. E il futuro, per ora, è solo una speranza. Pardon: un'illusione, che in pochi si ostinano a coltivare”.

In realtà, quanto sostenuto, avrebbe ragion d’essere in una condizione normale, priva di elementi destabilizzanti, ciò darebbe ragionevolmente adito a credere che una forza politica e sociale che proponesse speranza potrebbe riscuotere successo tra la gente. Però, come i problemi scientifici necessitano di discernere tra la loro applicabilità in condizioni ideali e le variabili della realtà pratica, così l’excursus di Diamanti si mantiene in un alveo di teoricità che non tiene conto fino in fondo di un grave elemento perturbante della sua “equazione”, ossia “Delusione uguale Consenso”. Diceva Lavoisier, nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, così come una reazione chimica ha bisogno di essere bilanciata, anche l’assunto proposto dall’articolo di Repubblica, necessita di definire quali elementi nuovi fanno si che si inverta il rapporto facendo portando la delusione popolare ad incrementare il consenso per il Governo.

Proprio per questo e, forse perché parte in causa nell’articolo, l’autore omette di evidenziare che l’elemento perturbante, oltrechè causa primaria di questa anomalia, è lo stesso sistema sistema a cui lui appartiene, ossia quello mediatico, reo di prestarsi quale cassa di risonanza agli slogan governativi e di non svolgere quella minuziosa azione di verifica di quanto troppo spesso annunciato “urbi et orbi”.

Infatti, negli ultimi anni, abbiamo potuto assistere ad una dinamica per cui i temi portanti della comunicazione di massa venissero indicati per lo più dai comunicati stampa ed annunci, rilasciati di volta in volta dalla coalizione del centrodestra. Grazie al grande controllo esercitato da essa su larga parte di stampa e TV. In tal modo il messaggio diramato, di volta in volta, assumeva la funzione di indirizzare l’opinione pubblica su posizioni più favorevoli, indicando sempre in altri le responsabilità per le negatività che si frapponevano al mantenimento delle promesse elettorali del suo leader. Oppure svolgevano la funzione di imporre altre priorità al paese, più marginali, al fine di evitare di affrontare nodi cruciali di difficile risoluzione, che esporrebbero l’Esecutivo al rischio reale di vedere, in tal caso, diminuito il consenso.

Come una rinnovata “colonna infame” di Manzoniana memoria, oggi i media si prestano a svolgere il ruolo della "donnicciola” del popolo, Caterina Rosa, che allora svolse la funzione di testimone chiave per condannare a morte due presunti “untori” rei di diffondere la peste nella Milano del 1630, pur di non esporre l’amministrazione dell’epoca alle rimostranze di un popolo che cercava delle responsabilità oggettive alla peste che si abbattè sui milanesi.

Oggi si cercano capri espiatori nella magistratura, nei Rom, nei sindacati e in chiunque altro sia semplicemente di opinione diversa da quella della maggioranza. Lanciando continuamente nuovi allarmi e successivamente proclamandone la risoluzione, in un susseguirsi di annunci il cui effetto è assicurato dalla pronta disponibilità dell’informazione pubblica, che qualora tenti di svolgere un ruolo di approfondimento e verifica subisce le “intimidazioni” di un sistema sempre pronto a sedare i diversamente pensanti, come Carlo Rota (condannato per stampa clandestina, casualmente dopo la sua attività di denuncia alla mafia), Emiliano Fittipaldi, Gianluca Di Feo e al collaboratore Claudio Pappaianni (i quali subivano due ispezioni della Finanza a seguito di due reportages sulla gestione dei rifiuti in Campania e sullo sbarco a nord del clan dei Casalesi e delle commistioni della malavita con imprenditori del nord e con politici campani).

Tutti rei di aver voluto svolgere quella funzione che è propria di qualunque buon reporter il quale deve: “rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione di tutti i cittadini; per questo ricerca e diffonde ogni notizia o informazione che egli ritenga di pubblico interesse, nel rispetto della verità dei fatti e con la maggiore accuratezza possibile.

Il giornalista ricerca e diffonde le notizie di pubblico interesse nonostante gli ostacoli che possono essere frapposti al suo lavoro. E' un suo dovere compiere ogni sforzo per assicurare una dimensione pubblica alle notizie di interesse generale e per garantire al cittadino la conoscenza e il controllo degli atti pubblic” (tratto dal codice deontologico dei giornalisti).

Forse, nel 2008, saranno questi i nomi dei nuovi untori apposti sulla targa ai piedi di questa nuova colonna. Non certo quelli dei loro colleghi pronti a girare lo sguardo altrove dove da “altri” indicato ed ordinato.