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domenica 11 maggio 2008

La paura di leggere.

Credo che si possano trovare mille argomentazioni per descrivere perché si è voluto leggere un determinato libro. Più arduo dire altrettanto se si vogliono descrivere le ragioni per cui non si vuole leggerlo. Tanto più se si tratta di un libro famosissimo, entrato a far parte dell’immaginario popolare per le più svariate ragioni e travisazioni. Se poi rientra tra uno dei generi di letture preferito la faccenda rasenta l’inspiegabilità.

Ma per far chiarezza bisogna specificare parlo di un genere letterario spesso screditato e bollato con il marchio di letteratura di serie “B”; la Fantascienza. In realtà dietro questa definizione si racchiude tutto un mondo di sub-generi ed autori, validi e meno validi. Su Wikipedia è descritta come: l'impatto che una scienza e/o una tecnologia (attuale o immaginaria) avrà sulla società o sull'individuo” ed aggiunge: “un certo grado di plausibilità scientifica rimane un requisito essenziale”. Insomma un modo di prefigurarsi il futuro proiettando le propensioni del mondo attuale.

Partendo da questa definizione direi che la quasi sparizione di una larga e diffusa produzione contemporanea di questo genere dagli scaffali delle librerie è sintomatico delle speranze che la nostra società ripone nel futuro. Come una improvvisa scomparsa dell’orizzonte dalla nostra prospettiva. Progressivamente, nel corso degli ultimi venti anni, la nostra attenzione si è via via spostata sull’odierno, come se il nostro sguardo si fosse progressivamente abbassato fino a fissare continuamente i nostri piedi. E, si sa, in questa postura non si può che stare fermi, altrimenti il rischio di andare a sbattere è rilevante. Forse questo stato d’animo che ci permea spiega ciò a cui facevo riferimento all’inizio. Infatti la ragione per cui si può pensare di non leggere un libro di fantascienza, scritto molti anni orsono, è la paura. La paura che la plausibilità di allora sia diventata, oggi, realtà e quotidianità.

E credo, di non esagerare se chiarisco che il libro a cui mi riferisco è 1984 di Gerorge Orwell.

Questa opera letteraria che risale alla metà del secolo scorso, certamente nota ai più per via di uno degli elementi che maggiormente la caratterizzano, il “Grande Fratello”. Questo aspetto del romanzo ha così colpito l’immaginario collettivo da aver acquisito una vita ed una autonomia propria. Spesso a sproposito, perché coloro che col tempo, progressivamente, si appropriavano di questa definizione non sempre ( per non dire raramente ) avevano letto il libro. Io tra questi.

Ma come spesso accade il fato, il destino, l’ineluttabilità di certe cose che ci capitano, forse attendevano che fossero maturi i tempi. Come una bomba ad orologeria che attenda di esplodere finché il momento non sia quello giusto.

La mia impressione è che leggere questo libro tanti anni fa poteva essere svilente per esso stesso. Lo avrebbe veramente degradato a semplice romanzo di fantascienza, a puro esercizio dialettico di immaginazione.

Leggerlo oggi è come lo svelarsi del terzo segreto di Fatima (quello vero), come la decriptazione definitiva delle terzine di Nostradamus, come sapere la verità sulla morte di J.F.Kennedy, come avere la registrazione di Bush e Cheney che organizzano l’11 settembre. Insomma avere la chiarezza e l’angoscia di capire che o Eric Arthur Blair, alias George Orwell, ha realmente visto il futuro ma ne ha male interpretato la sostanza, o ha prefigurato la sua ineluttabilità alla luce delle esperienze di quello che lui stava vivendo allora.

Solo così possiamo spiegare le assolute analogie presenti nel romanzo come quelle tra il “traditore Goldenstein” e O. Bin Laden, che entrambe appaiono periodicamente sugli schermi per lanciare minacce e, così, giustificare l’esistenza stessa del sistema che dichiarano di avversare. Oppure la metodologica e certosina riscrittura, quando non occultamento, del passato lontano e recente. Anche lo sviluppo di stampa e TV in questi anni è perfettamente in linea con il sistema mediatico descritto in 1984, unica cosa che sembra essere sfuggita è l’attuale poliedricità e incontrollabilità della rete Internet. Sarà la nostra ancora di salvezza o l’ultimo baluardo che crollerà?

O anche, la figura rassicurante e tranquillizzante del Grande Fratello ( in inglese Big Brother che vuol dire fratello maggiore ), tra l’altro molto somigliante a quell’ Hitler canuto e benevolo dipinto da Robert Harris in Fatherland, che viene subito in mente quanto sentiamo il neo ministro Tremonti decidere di parlare di Illuminati in TV (senza che alcuno in studio o fuori pensi bene di chiedere chiarimenti o, altrimenti, invitare Berlusconi a procedere alla immediata rimozione dall’incarico per palese insanità mentale) e di un “Nuovo Ordine Mondiale” (N.W.O.)che tolga il potere ai banchieri tecnocrati per concederlo nelle mani di qualcuno che garantisca un governo più attento ad aspetti spirituali. In fondo, anche Orwell immagina un mondo governato da un’entità astratta “che non sbaglia mai” in cui si deve credere in maniera fideistica.

Forse il vero problema è che i banchieri sono reali e contestabili in quanto tali, molto meglio un “Big Brother” dietro cui nascondere demiurghi terreni. Rendendo così inappellabili le decisioni che governeranno il mondo futuro.

Lo scrittore Robert Heinlein diceva: “ Orwell è un maestro che tramite le favole ammonisce a non credere alle favole, che stimola a mantenere sempre alta la coscienza e lo spirito critico, a dubitare delle rivoluzioni, a dubitare del nostro stesso pensiero, perché potrebbe essere condizionato dal linguaggio costruito apposta per incarcerare la nostra mente“.

Ma, forse questo è un altro romanzo di fantascienza, che, come sappiamo, è sempre “letteratura di serie B”.

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