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COMITATO PER IL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI COSTITUZIONALI AI MILITARI
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martedì 3 giugno 2008

La morte dalla porta di servizio

Nel corso dell’ultimo anno avevamo avuto la presunzione di avere due certezze. Una era che, con la risoluzione dell’O.N.U. in materia di moratoria della Pena di Morte – fortemente sostenuta dall’Italia e dall’Europa nel suo complesso -, fosse chiaro che i popoli del vecchio continente erano contrari all’applicazione della pena capitale. Un’altra era che la Costituzione Europea di 400 pagine fosse, invece, defunta.

Scopriamo che non solo queste due cose potrebbero risultare false ma anche strettamente connesse tra loro. Infatti i due “no” alla nuova carta costituzionale da parte dei cittadini Olanda e Francia, avevano indotto l’Unione Europea a interrompere il processo di ratifica onde evitare altre sonore bocciature. Il cambio di strategia che ne è conseguito ha indotto ad adoperare un differente metodo, così detto di basso profilo. Meno annunci trionfalistici e più pragmatismo. Secondo uno schema di chi è determinato a perseguire un risultato concreto, più che ricercare il sensazionalismo dell’effetto annuncio.

Così abbiamo assistito alla redazione del trattato di Lisbona, che in qualche modo surroga il fallimento della Costituzione europea. La prima cosa che salta all’occhio è che essa non necessita di una ratifica referendaria da parte dei cittadini dell’ U.E., limitandosi a richiederne l’approvazione solamente dei rispettivi parlamenti dei paesi membri. La seconda è la sua assoluta cripticità, infatti il testo del trattato, è un insieme di riferimenti e sostituzioni di termini contenuti in altre norme (es.: alla riga x dell’ art. Y sostituire la parola A con la parola B). Centinaia di pagine tutte così, la cui decifrazione è ben più che ostica. Il problema è che il trattato non affronta aspetti tecnici di relativo interesse ed importanza, quanto piuttosto aspetti estremamente importanti dal punto di vista sostanziale e dei diritti dei cittadini a cui dovrà essere applicato e che avrebbero necessitato di una forma esplicita e chiara alla portata di tutti. Già ci sarebbe da sollevare più di una perplessità sullo scippo referendario fatto agli europei, palese conseguenza del timore che, un’ Europa più matrigna che madre, non piaccia a nessuno, ma ancor più grave osservare che, surrettiziamente, a Lisbona si sia voluto dare corpo ad un disegno teso a restringere molti aspetti legati ai diritti dei singoli, sulla scorta di quanto fatto dagli Stati Uniti gli anni scorsi con il “Patrioct Act”. Solo in questo senso possiamo concepire il macroscopico dietro-front sulla moratoria alla pena di morte di cui si parlava all’inizio, allo scoprire che sepolta in ginepraio di rinvii e richiami di note vi è la reintroduzione della pena di morte e la sua applicazione in casi assolutamente aleatori come rivolte e sommosse, lasciando alle autorità lo stabilire se una semplice manifestazione possa essere ricondotta nell’alveo di questa casistica. Nella lezione, La legittimazione della pena di morte e dell’omicidio, del prof. Karl Albrecht Schachtschneider (che riporto per intero) è spiegata la logica che porta alla conclusione predetta:

La Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE) permette espressamente nelle “spiegazioni” ai Diritti Fondamentali e nelle sue “definizioni negative” – assorbite nel Trattato di Lisbona – contrariamente all’abolizione della pena di morte vigente in Germania, Austria e altri paesi in conformità con il principio [costituzionale] della dignità dell’uomo, la reintroduzione della pena di morte in caso di guerra o in caso di diretto pericolo di guerra, ma permette anche l’omicidio per reprimere una sommossa o un’insurrezione. Decisivo per questo non è l’Art. 2 Paragrafo 2 della Carta, che proibisce la condanna a morte e l’esecuzione capitale, bensì la spiegazione di quest’articolo, integrata nel Trattato [di Lisbona], che risale alla Convenzione sui Diritti Umani del 1950. Secondo l’Art. 6 Par. 1 e Sottopar. 3 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) nella versione di Lisbona, vengono definiti i diritti, le libertà e i principi fondamentali della Carta in conformità con le disposizioni generali del Titolo VII della Carta, che regola l’esposizione e l’applicazione degli stessi, tenendo in debito conto le “spiegazioni” allegate alla Carta, in cui vengono indicate le fonti di queste disposizioni. La rilevanza giuridica delle “spiegazioni” sgorga anche dal Paragrafo 5 S. 2 del Preambolo della Carta, secondo il quale l’interpretazione di questa avviene “tenendo in debito conto le spiegazioni elaborate sotto l’autorità del praesidium della Convenzione europea”. Il Paragrafo 5 S. 2 del Preambolo e il Paragrafo 7 dell’Art. 52 sono stati reinseriti nella Carta il 12 dicembre 2007. Erano già presenti nel naufragato Trattato Costituzionale del 29 ottobre 2004. Questo allargamento del testo smentisce il temporaneo successo della politica contro la pena di morte e l’esecuzione capitale. Le “spiegazioni” riguardano anche e proprio l’Art. 2 Par. 2 della Carta (M. Borowsky, in J. Meyer, Kommentar zur Charta der Grundrechte der Europäischen Union, 2003, Art 2, Rdn. 18).

Le deleghe all’Unione nel campo della politica estera e di sicurezza comune sono sufficienti affinché, nell’interesse dell’efficienza delle missioni secondo l’Art. 28 (42) Par. 1 S. 2 (Il numero in parentesi si riferisce alla “Rinumerazione del trattato sull’Unione Europea”. Per orientarsi meglio, cfr. la tabella di corrispondenza della Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea a http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2007:306:0202:0229:IT:PDF.) e Art. 28b (43) Par. 1 TUE, o anche nell’interesse della difesa, sia reintrodotta la pena di morte; ad esempio la delega al Consiglio tramite l’Art. 28b (43) Par. 2 S. 1 TUE sulle decisioni riguardanti le missioni, che permette “di stabilire le condizioni generali di attuazione valide” per le missioni stesse. A ciò non partecipano né il Parlamento Europeo né tanto meno i parlamenti nazionali. Una decisione del genere andrebbe valutata in combinazione con l’Art. 2 Par. 2 della CDFUE, con le sue spiegazioni. Inoltre gli stati membri si impegnano con l’Art. 28 (42) Par. 3 Sottopar. 2 S. 1 TUE, “a migliorare progressivamente le proprie capacità militari”. Le guerre del passato e del presente dimostrano che la pena di morte, ad esempio nel caso di soldati che si rifiutano di eseguire gli ordini, tende a incrementare notevolmente le capacità militari di un esercito. L’efficienza di misure militari può essere incrementata, tra l’altro, per mezzo dell’esecuzione di terroristi e sabotatori o anche presunti tali. La prassi dell’Unione di estendere estremamente i testi sui doveri degli stati membri non autorizza ad escludere anche una tale interpretazione, quando la situazione lo comanda o lo consiglia. Per inciso, il dovere di riarmo di questa prescrizione non è compatibile con il principio pacifista, vincolante, delle costituzioni tedesca (preambolo della Grundgesetz, Art. 1 Par. 2, Art. 26 Par. 1) e austriaca.

Nella Dichiarazione riguardante le Spiegazioni della Carta dei Diritti Fondamentali, che secondo l’Art. 49b (51) TUE (”Allegato”) sono parte costituente dei Trattati, dunque sono parimenti vincolanti, sta scritto:

3. Le disposizioni dell’articolo 2 della Carta corrispondono a quella degli articoli summenzionati della CEDU e del protocollo addizionale e, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3 della Carta, hanno significato e portata identici. Pertanto le definizioni “negative” che figurano nella CEDU devono essere considerate come presenti anche nella Carta:

a) articolo 2, paragrafo 2 della CEDU:

“La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario:

a) Per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale;

b) Per eseguire un arresto regolare o per impedire l’evasione di una persona regolarmente detenuta;

c) Per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione”;

b) articolo 2 del protocollo n. 6 della CEDU:

“Uno stato può prevedere nella propria legislazione la pena di morte per atti commessi in tempo di guerra o in caso di pericolo imminente di guerra; tale pena sarà applicata solo nei casi previsti da tale legislazione e conformemente alle sue disposizioni …” (Cfr. il testo sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, in data 14.12.2007, su http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2007:303:0017:0035:IT:PDF).

Sommosse o insurrezioni possono essere viste anche in certe dimostrazioni. Secondo il Trattato di Lisbona, l’uso mortale di armi da fuoco in tali situazioni non rappresenta una violazione del diritto alla vita. In guerra si trovano attualmente sia la Germania che l’Austria. Le guerre dell’Unione Europea aumenteranno. Per questo, l’Unione si riarma – anche con il Trattato di Lisbona.

(tratta dal sito http://www.reset-italia.net/2008/05/08/re-il-trattato-di-lisbona/)

In Italia la Lega ha sollevato il problema legato al venir meno di ampie quote di sovranità nazionale, omettendo di analizzare la questione pena di morte. In realtà nessun approfondimento mediatico, come al solito, ha permesso agli italiani di comprendere la portata di tutto ciò. Per cui è prevedibile che la ratifica sarà questione di tempo, magari dietro qualche contropartita agli uomini di Bossi.

Quanto ai diritti di tutti gli altri cittadini, “… che mangino le brioches…”

www.fainotizia.it

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