Non vorrei che sociologi ed antropologi se ne avessero a male, così come non vorrei prenderla troppo alla lontana. Ma fin da quando, bimbetto con i pantaloni corti, andavo a scuola, ricordo chiaramente che mi veniva spiegato che “l’uomo primitivo”, pur non appartenendo ad una specie fisicamente più forte di altre, era riuscita ad assurgere ad un ruolo dominante su tutte le altre, grazie alla sua adattabilità ed alla sua capacità di creare strutture sociali complesse, i cui membri, integrandosi, si fornivano mutuo sostegno ed aiuto. La maestra spiegava, così, che, se un solo uomo soccombeva di fronte la leone, molti riuscivano ad avere la meglio sul felino.
Su quello che da sempre è stato ritenuto l’ordine fondamentale delle cose, il nucleo portante della società umana, ci siamo sviluppati fino ai giorni nostri. Reinterpretando concetti elementari come la necessità di aiutare i più deboli, in considerazione che la discriminante debba essere, non la legge del più forte, ma la considerazione che ciascun individuo può fornire un suo valido contributo a tutta
Diritti e mutualità sono elemento cardine della nostra Costituzione. In essa è ribadito che il più forte aiuta il più debole, così abbiamo superato il concetto delle gabelle, che non recavano beneficio a coloro che le pagavano, passando a quello delle tasse, il cui scopo ultimo dovrebbe essere consentire uno sviluppo armonioso di tutti i membri della società, ognuno secondo le proprie attitudini. Nel superiore interesse della sopravvivenza di tutto il tessuto sociale che nella costituzione si riconosce.
Da sempre lamentiamo le inefficienze dei servizi. Scuola, Sanità, Trasporti, Sicurezza ecc… Così come lamentiamo una contestuale impoverimento di larga parte della cittadinanza, a fronte della quale una sparuta minoranza ha visto, invece, incrementare, cospicuamente, le sue ricchezze.
Di fronte a questi due aspetti deleteri e macroscopici che soluzioni ci vengono prospettate?
Coloro che hanno governato fin’oggi, dall’alto della loro grande competenza, testimoni immobili (e forse anche complici) dell’ allargamento del divario tra ricchezza e povertà. Predicano, per mezzo dei loro megafoni mediatici, il verbo del recupero del potere salariale e la detassazione.
Ora, così come dicevo all’inizio, non sono sociologo ne antropologo, allo stesso modo sottolineo che non sono neanche economista, ma conosco “il rasoio di Occam” che recita: "A parità di fattori la spiegazione più semplice tende ad essere quella esatta", ossia “non vi è motivo alcuno per complicare ciò che è semplice”. La deduzione che potrebbe fare l’uomo della strada dovrebbe essere, ragionevolmente, quella di verificare il sistema fiscale al fine di accertare che tutti paghino ciò che è dovuto. Trasferire correttamente e senza sperperi il ricavato delle tasse nei servizi (Scuola, Sanità, Trasporti, Sicurezza ecc…). In tal modo si ridurrebbero i costi che i cittadini sostengono a proprie spese per integrare la mancanza dei servizi offertigli dallo Stato. Consentendo alla quota di reddito non versata alla collettività di essere utilizzata in maggior misura per tutte le altre spese.
Ad esempio una famiglia, oggi, paga le tasse per mandare i propri figli a una scuola pubblica, ma poi paga i libri, l’autobus per raggiungere la scuola, le ripetizioni,le attività sportive dei figli, i corsi di danza e/o musica, ecc…
In tal modo si crea una disparità sociale tra chi si può permettere a proprie spese una scuola privata e tutte le attività integrative che preferisce e quanti invece no. Se il sistema scolastico pubblico integrasse tutto ciò, larga fetta delle retribuzioni sarebbe utilmente spendibile per incrementare il ciclo produttivo del nostro sistema e non per supplire la carenza dei servizi sociali. Stessa dinamica si potrebbe considerare, nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale che, se implementato e migliorato, risparmierebbe a larga parte della popolazione il ricorso a strutture private a pagamento, le quali incidono negativamente soprattutto nei bilanci delle fasce più deboli della popolazione.
Invece le soluzioni che ci vengono proposte vanno nella direzione esattamente contraria, ossia diminuire la tassazione, dei cui effetti beneficiano in misura maggiore i ceti ricchi, mentre il recupero per gli altri sarebbe di entità così limitata da renderne superflua l’attuazione e non consentire di utilizzare utilmente le maggiori risorse per compensare il costo della vita, vedasi il recente taglio dell’ I.C.I. che ha premiato chi possedeva una casa non già chi non aveva un reddito sufficiente o stabile da poterne acquistarne una. Di conseguenza i maggiori oneri derivanti dal minor gettito fiscale vengono recuperati tramite dei tagli ai bilanci dei servizi sociali essenziali come Scuola, Sanità, Trasporti, e Sicurezza. Insomma per rimanere sempre all’esempio dell’I.C.I., il recupero economico lo ha avuto solo chi aveva un’abitazione di proprietà, ma l’onere lo pagherà in maggior misura chi ha meno possibilità di sostenere i costi di scuole private, sanità privata, trasporti privati e via dicendo.
Nel bailamme delle notizie su intercettazioni, rifiuti, calcio e quant’altro, sta passando assolutamente in secondo piano tutto ciò che attiene al prossimo documento di programmazione economico finanziario del Governo. Le sue avvisaglie parlano di una riduzione del bilancio della sanità di tre miliardi di Euro nel prossimo triennio più, nuovamente, il blocco del turn over e lo stop alla sanatoria dei precari. Ulteriori tagli potrebbero interessare anche la scuola, con la scrematura del personale docente e non docente. A tutto ciò si aggiunge che, il mancato introito regionale a causa del taglio dell’ I.C.I., produce 370 milioni in meno per il trasporto pubblico locale. Inoltre, la tanto decantata
Insomma per tornare alle pelli ed alle caverne, il capotribù ci sta dicendo che presto non si caccerà più in gruppo, bensì ognuno dovrà procacciarsi la selvaggina da se e pazienza se i più piccoli e deboli periranno nella notte vittime dei leoni. I più forti sopravvivranno e rinvigoriranno la specie.
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