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COMITATO PER IL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI COSTITUZIONALI AI MILITARI
Perchè una Democrazia non può dirsi compiuta se non è stata capace di estendere tutte le sue regole e garanzie, fino in fondo a tutti i cittadini, anche quelli in divisa.

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giovedì 28 agosto 2008

Orwell Santo Subito!

Il mondo sembra sempre più avviato verso una tripolarità USA, RUSSIA e CINA. Tre stati progressivamente inclinati verso un medesimo equilibrio sia interno che esterno.

Il quale prevede una conflittualità reciproca sempre latente mai tale da sfociare in un conflitto reale e planetario, ma limitato al massimo a scaramucce, ben lontane dal centro dei rispettivi imperi.

Tale, comunque, da giustificare misure, stavolta interne, che giustifichino la compressione dei diritti e delle libertà personali dei propri cittadini, giustificate da minacce, mai pienamente dimostrate.

A tal fine le istituzioni sono giustificate ed autorizzate ad operare, in un sostanziale regime di polizia, senza doversi attenere alle regole dei diritti umani e democratici. In un contesso in cui anche il diritto alla difesa, ad un giudice naturale ed a un processo equo non viene garantito per motivi di sicurezza nazionale.

A questo stato di cose, di contro, si oppone una estrema globalizzazione dell’economia gestita da multinazionali in grado di operare indifferentemente con ciascuno dei tre soggetti. Le quali approfittano di tre mercati ingessati e gestiti in sostanziale regime monopolista secondo logiche spartitorie di volta in volta stabilite tra loro.

La popolazione viene sempre più dissuasa dal viaggiare fuori dai confini nazionali, incutendo il timore, alternativamente, per il pericolo di dirottamenti di matrice terroristica o per la sicurezza dei voli. Oppure semplicemente rendendo il viaggio complesso, per via delle procedure di sicurezza, oppure costoso, per via del costo dei combustibili.

La tecnologia delle comunicazioni vie sempre più utilizzata per monitorare le attività e le opinioni delle persone. Dalle carte sconti che controllano le preferenze degli acquisti ai telefoni cellulari che monitorizzano le comunicazioni vocali e, con le telecamere, gli spostamenti.

I media, particolarmente la televisione, incoraggiata ed apprezzata dalle istituzioni, a differenza della rete internet, vista come fonte di tutte le nefandezze, amplifica e diffonde il messaggio unico del potere, alimentando le paure, glorificando le conquiste, indicando gli obbiettivi e denigrando i nemici di volta in volta stabiliti. Senza dimenticare la sua funzione guida nei “consigli per gli acquisti…”. La stessa televisione si presta nell’alimentare le paure più profonde che dissuadano la popolazione anche negli spostamenti interni, nelle zone meno frequentate delle città e nelle ore buie della notte. Inducendo un sostanziale coprifuoco e la convinzione che, gli spostamenti non funzionali al consumismo in luoghi precisi ed autorizzati oppure quelli legati al lavoro ed alla produzione, sono inutili perché l’unico posto sicuro per ciascuno è la propria casa davanti alla televisione.

Il tutto volto ad esclusivo beneficio di una ristretta oligarchia che agisce al di sopra di questi vincoli e di queste regole.

Insomma Orwell con il suo 1984 sembra aver avuto adepti più che illustri e determinati a tradurre la sua immaginazione o capacità deduttiva o premonizione, dell'ineluttabile futuro, in drammatica realtà

mercoledì 27 agosto 2008

Trilussa al governo!

Il Ministro Gelmini, pur essendo all'istruzione, più che maestra si fa allieva del suo collega Brunetta.
Infatti annuncia: "Quando la spesa per il personale assorbe il 96,98% del bilancio, significa che la scuola italiana rischia di non avere piu' gli strumenti per modernizzarsi".
Il gioco delle cifre e delle statistiche è un metodo che questo esecutivo ha ben interiorizzato, altrettanto non si può dire degli italiani.
Infatti le raccomandazioni del poeta romano Trilussa sul mezzo pollo sembrano già cadute nell'oblio.
Nello specifico, ammesso che quel 96,98% sia vero, ci dimostra che, in realtà, ci troviamo di fronte all'imputato reo confesso. Il Governo.
Infatti, come per tutto il resto del pubblico impiego, bisogna sapere che l'unica voce dei bilanci che non può mai ridursi e che, anzi, incrementa per via dei rinnovi contrattuali, è quella delle retribuzioni del personale impiegato. Per questo, se per esempio, abbiamo un bilancio equamente diviso a metà tra retribuzioni e spese di gestione, poi negli anni il governo lo taglia progressivamente. E' ovvio che le riduzioni di spesa, di fatto, si riperquoteranno solo sulla voce esercizio. Dato che per legge le retribuzioni non possono essere diminuite.
Quindi, se oggi ci troviamo in questa situazione è perchè i governi che si sono susseguiti negli anni, hanno operato tagli su tagli. Indifferenti alle conseguenze degli effetti che questi producevano. Ossia il progressivo annientamento del bilancio delle voci di tutto ciò che è funzionale alla formazione ed alla educazione dei giovani, Dalle strutture ai supporti didattici, all'aggiornamento dei docenti, alle attività integrative per gli alunni.
In conclusione dare questo numero in questo modo, lasciando, in qualche modo, intendere che il personale del comparto scuole, tra i meno pagati d'Europa, si sia mangiato da solo tutta la torta della pubblica istruzione è quello che il buon Ministro leghista Calderoli definirebbe: "una porcata!", ma forse è meglio limitarsi a dire che è una vigliaccata!

Il Conflitto di interessi è una palla, anzi, un …PALLONE!

Con l’asetticità del giocatore di poker e forse con una punta di rammarico, Adriano Galliani annunciava che gli italiani, privi di abbonamenti alla TV satellitare o al digitale terrestre, domenica non avrebbero, non solo visto, ma neanche sentito le radio-cronache del campionato di calcio di serie A.

Infatti ieri a fronte della richiesta per i diritti in chiaro di 70 milioni di Euro. “La Rai aveva fatto un'offerta complessiva di 30,6 milioni (600 mila per la Supercoppa, andata in onda ieri), dei quali 23,5 milioni fra serie A e B (20,5 per la serie maggiore, 1 milione per quella cadetta e 2 milioni per i diritti radiofonici). Per quanto riguarda, in particolare, gli highlights di serie A, la Rai ha offerto 7 milioni per l'esclusiva nella fascia oraria 13:30-22:30, pacchetto in cui non c'é concorrenza; e 13,5 milioni per quella fino a mezzanotte, cifra a quanto pare più alta di quella offerta da Mediaset (10 milioni) e più ricca anche rispetto ai 10 milioni complessivi (5 dalla Rai e 5 da Mediaset, rispettivamente per la Domenica sportiva e Controcampo) che sarebbero stati incassati dalla Lega per quella fascia lo scorso anno”.

Da quel momento il tam-tam mediatico è partito con alcune sottili differenze. La Rai sottolineava che l’accordo, non si era raggiunto, per ora, non escludendo che a breve questa vertenza avrebbe potuto essere ricomposta.

Mediaset, invece, tramite le sue testate, proclamava che, se gli italiani avessero voluto vedere il calcio in TV, avrebbero dovuto pagarsi un abbonamento, senza dar margini di sorta alla trattativa.

Ora la cosa che dà da pensare è che Galliani rappresentava la Lega Calcio, ma è anche al vertice della squadra di cui Silvio Berlusconi è presidente, il Milan, che guarda caso è proprietario anche delle reti Mediaset, le quali da settimane hanno avviato una campagna pubblicitaria molto aggressiva, per proporre ai propri telespettatori l’acquisto di un’abbonamento per vedere il Calcio sui canali a pagamento del digitale terrestre.

Evidentemente dal punto di vista di questi soggetti, testè menzionati, c’era tutto l’interesse di portare la trattativa ad questo punto. Ben consci del fatto che ciò spinge gli indecisi a sottoscrivere abbonamenti MedisetPremium che altrimenti non avrebbero sottoscritto.

Se a ciò aggiungiamo che lo stesso Berlusconi è presidente del Consiglio, e il consiglio di amministrazione della Rai è composta da uomini di sua fiducia. Ci vengono in mente quelle telefonate “imbarazzanti” tra i dirigenti delle due aziende e tra l’allora direttore generale della Rai, Agostino Saccà e il Cavaliere. Oppure che, basta recarsi in un qualunque centro commerciale per scoprire che buona parte dei decoder per il digitale terrestre, prodotti in gran parte da aziende riconducibili a Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, offrono anche la scheda MediasetPremium.

Allora ci ricordiamo immediatamente che il problema del conflitto di interessi è lungi dall’essere un tema superato e che in ognidove si ripropone.

Per questo, forse, dietro la “maschera” del Galliani (inspiegabile portavoce, in quanto non riveste alcuna carica nella Lega Calcio, a meno di non voler immaginare un defilarsi di tutti gli altri lasciando che fosse lui ad emettere la sentenza proprio perché ritenuto “Deus ex Machina” di questo fallimento), non si può escludere una sua interiore soddisfazione, forse non dissimile da come Teocoli usava riproporlo dopo un goal del Milan.: “Ma vieniiiii!!!”

lunedì 25 agosto 2008

Nuova formazione politica: P.V.I. (Partito Vaticano Italiano) Transnazionale.

Come spesso accade, specialmente negli ultimi anni, le esternazioni del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.), specificatamente del Cardinal Angelo Bagnasco, riscontrano grande eco mediatica. A questa regola non scritta non è sfuggito il suo intervento al Meeting di Comunione e Liberazione (C.L.) 2008 inaugurato ieri a Rimini.

Ufficialmente Bagnasco è il primo non politico in parecchi anni a cui è affidato l'incontro inaugurale del Meeting. E' anche vero che lo stesso Cardinale ha citato le parole di Benedetto XVI, il quale precisava che la Chiesa: “non è un agente politico ma si interessa della res pubblica e i vescovi danno voce al loro popolo”. Insomma un bel manifesto con cui si dà mandato alla C.E.I., quale soggetto autorizzato a rappresentare la volontà pontificia nella politica italiana.

Nulla da eccepire, l’Italia è una democrazia in cui tutti i cittadini, anche nelle loro forme aggregate, sono titolati a partecipare al dibattito politico. Ivi inclusi quanti si riconoscono nella religione cattolica.

Alcune perplessità sorgono sull’opportunità che un organo ufficiale di uno stato sovrano estero, quali sono, rispettivamente, la C.E.I. e Stato Vaticano, partecipino al dibattito politico italiano.

Evidentemente questo problema è stato dato dai più come superato ed eccoci qui a commentare quanto detto dal Presidente della C.E.I.

Leggendo attentamente il suo excursus è s’insinua il dubbio che vi possa essere un che di eversivo in quanto dottamente illustrato. Infatti, seguendo il filo logico costruito intorno al tema: “La Chiesa, un popolo che fa storia”, si osserva una progressiva costruzione tesa prima a dar un corpo e, soprattutto, uno spazio fisico ai Cattolici : “La Chiesa è la nostra “casa”, (…) è anche il nostro “mondo”” . Precisando che: “La Chiesa, offre ad ogni credente l’esperienza della casa – la parrocchia, il gruppo, la comunità…Ma offre anche il respiro dell’universalità perché diffusa sino ai confini della terra (...) Ma il mondo è presente nel cuore della Chiesa anche oltre la sua dilatazione geografica e temporale: se – per ipotesi – la presenza della Chiesa dovesse contrarsi e ridursi ad un punto ristretto della terra, ugualmente il suo respiro porterebbe l’eco dell’umanità intera, l’universalità del mondo”. Dunque, l’idea è quella di una comunità religiosa che, seppur piccola, attraversa e si estende attraverso tutti i confini. Ossia la sua corporalità trascende la fisicità dei confini del più piccolo stato del mondo divenendo il mondo stesso.

Procede, quindi, approcciando la correlazione del tema, ossia, la capacità di scrivere la storia, da un punto di vista generale: “La storia è compito di ogni uomo. Tenendo conto di una dimensione che mi sembra costitutiva della storia, quella ideale e quella comunitaria, potremmo parlare di differenti livelli: delle singole persone, dei popoli, degli Stati.”, il punto critico si evidenzia, allorché sottolinea che: “non sempre nella storia i popoli hanno mostrato accondiscendenza verso le decisioni degli Stati, indirizzando gli eventi in modo diverso” proseguendo “Ciò sta a testimoniare quanto ogni Stato debba sapersi e volersi come espressione del popolo, sapendo che questo è specificato da un insieme di idee e valori di tipo spirituale ed etico che costituiscono “l’anima della Nazione”, la sua identità profonda. Qualora uno Stato dovesse tradire quest’anima, tradirebbe la gente in ciò che ha di più intimo e più suo. Colpirebbe ciò che consente ad una moltitudine di sentirsi “popolo” e ad un territorio di essere sentito come “casa”, “patria”. Tradire l’anima di un popolo – magari con processi corrosivi e subdoli – vuol dire sgretolare, in nome di qualche ideologia o disegno politico- economico, ciò che consente ad ognuno di sentirsi parte di un tutto; significa derubarlo di ciò in cui crede, che gli appartiene, che gli è stato tramandato come patrimonio, che è la sua forza unificante.”.

Dunque riassumendo ci dice che la Chiesa è sia “casa” che “anima” di coloro che ad essa si riconducono e gli Stati devono ben guardarsi dal contraddirli. Svilendo al contempo gli stessi Stati nel loro ruolo d’autonoma sovranità, frutto di un processo democratico-elettivo ben più concreto e verificabile, dell’effettiva quantificazione dei cattolici, che, per dirla tutta e a ben vedere le chiese nelle domeniche d’Agosto, in Italia non devono essere poi molti.

Se però ritorniamo alla sua citazione, cui facevamo riferimento all’inizio: “la chiesa non è un agente politico ma si interessa della res pubblica e i vescovi danno voce al loro popolo” notiamo come l’ergersi a guida di questa moltitudine, potenzialmente, dissenziente, titola la C.E.I., autoproclamatasi soggetto del panorama italiano, a forza politica di fatto. Consacrata in tale veste anche dall’invito del Ministro Bossi, ad un confronto sul tema del federalismo, la formalizza in questa veste “partitocratrica”.

Bagnasco dipinge una Chiesa autoreferenziale che rivendica quello che la storia le ha riservato a lungo. Un potere temporale, oltrechè spirituale. Eccolo quindi opporsi e contestare: “Oggi, come in altri periodi della storia, si vuole che la Chiesa rimanga in chiesa. (…) si vorrebbe negare la dimensione pubblica della fede concedendone la possibilità nel privato. A tutti si riconosce come sacra la libertà di coscienza, ma dai cattolici a volte si pretende che essi prescindano dalla fede che forma la loro coscienza.

In assoluto questa riflessione non è eccepibile, sennonché il latore è un’autorità designata da un Capo di Stato estero, il quale rivendica una sovranità non solo morale ma anche territoriale su parte della popolazione di un altro stato, nella fattispecie quello italiano.

Ecco allora la perplessità, non nell’apprendere che Bagnasco dica questo in nome e per conto dello Stato Vaticano, semprechè non pervenga un comunicato di smentita e presa di distanza, su la falsa riga di quanto avvenuto con Famiglia Cristiana, anche per la C.E.I., ma nel fatto che nessun’autorità delle Istituzioni italiane, inviti alla non ingerenza negli affari interni del Paese.

Forse è vero il detto chi disprezza compra. Probabilmente, dietro tutte le critiche e il biasimo per le teocrazie instaurate in molti paesi mediorientali, si cela l’invidia per ciò che non è stato più possibile attuare nell’Europa post-illuminista.

Visto anche le reazioni alle pochissime voci dissonanti che si azzardano a criticare quanto, di volta in volta, esternato dalle autorità pontificie. Pretendendo scendere in campo e giocare la partita nella duplice veste di arbitro e giocatore

Il Cristianesimo ha gambe d’argilla, per ciò che riguarda le sue origini, lasciando invece all’ineluttabilità della prova storica tanti drammi e tanti morti. Per questo rivendicare, oggi, un ruolo politico da una posizione di privilegio, qual è quello della Chiesa Cattolica in Italia, appare, quantomeno, fuori luogo.

sabato 23 agosto 2008

Alzati e cammina!

Deve esistere qualche sorta d’inclinazione naturale del centrodestra nell’attribuzione postuma delle riforme che decide di mettere in atto. Dopo la contestata riforma del lavoro attribuita a Biagi (sulla cui condivisione della medesima da parte del defunto docente di diritto del lavoro molti sollevano dubbi), il presidente del consiglio decide di ripetersi, forse nel tentativo di somigliare un po’ più alla caricatura di se stesso. Che lo dipinge, malignamente, troppo teso ad assimilarsi a un dio. Una per tutte la battuta: “La differenza tra Berlusconi e Dio? Dio non è convinto d’essere Berlusconi”. Infatti, decide di resuscitare il giudice Falcone. Attribuendo a lui l’ispirazione per la riforma della giustizia e delle carriere dei magistrati. Non v’è dubbio che il magistrato, vittima della strage di Capaci nel 1992, risulti uno dei pochi magistrati graditi al Cavaliere, se non altro perché in tutti questi anni ha saputo osservare un dignitoso silenzio e assoluta riservatezza e, soprattutto, si è astenuto dall’aprire procedimenti a suo carico.

Evidentemente l’idea di attribuire ad una così illustre e rispettata vittima della mafia, il “merito” di un progetto così brillante come “mettere in pratica molte delle idee di Giovanni Falcone: separazione dell'ordine degli avvocati dell'accusa dall'ordine dei magistrati, indirizzo dell'azione penale superando l'attuale ipocrisia della finta obbligatorietà, criteri meritocratici nella valutazione del lavoro dei magistrati” “ Vogliamo valorizzare i tanti magistrati seri, che svolgono il loro lavoro in modo coscienzioso, con spirito di sacrificio e spesso rischi personali. Purtroppo il loro lavoro è offuscato da pochi altri che, per pregiudizio ideologico unito a smania di protagonismo, proiettano con comportamenti deviati un'immagine distorta della magistratura italiana. Noi siamo dalla parte dei magistrati, non delle frange ideologizzate e giustizialiste” secondo quanto dichiarato al settimanale Tempi , deve proprio essergli sembrato un buon modo per far digerire all’opinione pubblica un provvedimento scottante.

Peccato che il povero ed incolpevole defunto non abbia la possibilità di smentire. Ne, tantomeno, è dato sapere l’origine delle convinzioni che spingono Berlusconi ad attribuirgli tali opinioni.

Immancabilmente, nel corso della medesima intervista, ribadisce quello che, ormai, è il suo leit-motiv:“ Vogliamo valorizzare i tanti magistrati seri, che svolgono il loro lavoro in modo coscienzioso, con spirito di sacrificio e spesso rischi personali. Purtroppo il loro lavoro è offuscato da pochi altri che, per pregiudizio ideologico unito a smania di protagonismo, proiettano con comportamenti deviati un'immagine distorta della magistratura italiana. Noi siamo dalla parte dei magistrati, non delle frange ideologizzate e giustizialiste”.

Evidentemente la sua memoria dei primi anni novanta è limitata alle presunte idee di Falcone, su come riformare la magistratura. Risultando, d’altro canto labile sul fatto che all’epoca la magistratura non veniva tacciata di giustizialismo, tutt’altro. L’Italia intera era ai piedi del pool mani pulite. Lui stesso, non era ancora il politico di professione che oggi è, bensì un semplice imprenditore. E Falcone dichiarava che già allora Berlusconi e Dell’Utri erano all’attenzione della magistratura. Che quindi non poteva, per forza di cose, essere affetta da pregiudizio ideologico unito a smania di protagonismo”, come asserisce il Cavaliere.

Insomma pur di far quadrare i conti e far ingoiare l’olio di ricino agli italiani riscrive la storia a suo piacimento e intima al Falcone-Lazzaro: “Alzati e cammina!”

venerdì 8 agosto 2008

Alleluja!

Fino ad oggi potevamo contare solo su audaci intercettazioni, che descrivevano i rapporti tra il “Cavaliere” e le sue donne, quasi fosse un vanaglorioso, che tanto parla ma ben poco concretizza. Nonostante il tentativo della Guzzanti, di venir in suo soccorso, citando organi di stampa spagnoli, che lo sollevavano da ogni imbarazzo descrivendolo intento in atteggiamenti di clintoniana memoria. Non già con un stagista qualunque ma con il fior fior delle sue ministre.
Ma No. Poverino lui, quegli invidiosi dei suoi alleati. Subito a smentire e cercar di far sparire ogni riferimento alle sue gesta. Così, via anche gli indefessi intercettatori, che, come gli scriba egiziani, cercano di tramandare ai posteri le gesta del sovrano. Rimanevano solo pochi echi ed allusioni alle sue simpatie per attricette di indubbio valore. Che a lui, novello D’Annunzio, si rivolgevano in cerca di conforto, morale, sia chiaro. Nulla più. Anche la moglie Veronica, convintasi della platonicità del tutto, desisteva da ogni rivalsa.

Ma oggi possiamo sciogliere le campane e liberare la nostra gioia al mondo intero. Pappagalli italiani redivivi ed orgogliosi di esserlo e del nostro “leader maximo”. Sappiamo senza ombra di dubbio che ieri….

BERLUSCONI HA SCOPATO!!!!

Mission accomplished

Brunetta annuncia, orgoglioso: " mission accomplished" (missione compiuta). Se non fosse che la statura gli impedisce l’accesso alle forze armate, forse avrebbe preferito farlo in stile Bush, in tuta di volo, dopo essere sceso da un jet, a bordo di una portaerei. Annunciando alle truppe schierate la vittoria finale con quel 37,1 % di malati in meno nella pubblica amministrazione, poi, in molte agenzie e comunicati, diventato un generosissimo “quasi la metà”.

Limitandosi ad una ben più sobria conferenza stampa ha illustrato quanto pare emergere dall’“Indagine Pilota. Monitoraggio delle assenze per malattia dei dipendenti pubblici. seconda puntata” . Redatto dal Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione.

Si Tratta del monitoraggio delle assenze per malattia dei dipendenti pubblici riferiti ai periodi maggio/luglio 2007 - maggio/luglio 2008.

L’indagine così recita: “mira a quantificare gli effetti sui comportamenti dei dipendenti pubblici indotti dalle recenti modifiche normative del decreto legge 112/08,oltre che dalle misure di sensibilizzazione e di trasparenza, attivate dal Ministro nel corso dei primi tre mesi di attività (… l’effetto fannulloni)”.

Come spesso accade l’effetto annuncio è una cosa, la statistica è ben altra. In realtà le cifre, il più delle volte non si riferiscono ai vari dicasteri nel loro complesso ma solo ad alcune realtà locali. Un qualunque esperto di statistica potrebbe obbiettare che, verosimilmente, i soggetti presi in esame non sono nè per consistenza numerica, ne per tipologia di impiegati, un campione attendibile di tutto il pubblico impiego. Spia dell'incongruenza di questi dati è il fatto che nel ministero dell'ambiente i malati sono addirittura aumentati.

Infatti Sono 205.994 (e non 210000 come riportato) i dipendenti delle amministrazioni intervistate Pari al 21,1% (e non 22%) di 976000 (che rappresenta il totale dei dipendenti al netto del personale di SSN, FF.AA. e FF.PP, scuola e A.F.A.M e università. Infatti tutto il complesso dei pubblici dipendenti supera i 3.300.000)

Analizzando la tabella consuntiva a pagina 8, i numeri dicono che a luglio 2007 la percentuale di assenza in termine giornate/uomo è dello 0,97 % (quindi non 1% come riportato) mentre nello stesso mese del 2008 è dello 0,63% (non dello 0,6% come riportato) con una variazione complessiva dello 0,34% e non 36,4%. Si badi bene come le approssimazioni delle cifre tendano ad accumulare gli errori sempre nella direzione del risultato, evidentemente auspicato dal Ministro, ossia quello di dimostrare una contrazione significativa delle assenze per malattia, addirittura utilizzando in un'unica volta i decimali solo per superare la soglia dello.?? Anzi a dire il vero combinando i dati presentati non si riesce mai ad ottenere i numeri riferiti.

Anche la cifra di “25 mila persone in più al lavoro” non ha un’origine chiara. Infatti partendo dal dato presentato di una riduzione delle giornate di assenza media per dipendente del 36,4% sul totale di tutti i dipendenti del pubblico impiego (3.300.000 c.a.) ed estrapolando l’1% dei malati dello scorso anno si ottengono 33.000 persone che si sono ammalate per un giorno. Per cui se la convalescenza aveva durata superiore la cifra complessiva dei malati tende a diminuire. Se si calcola che i malati questo luglio sono stati lo 0,6% pari a 19.800 dipendenti che fanno un giorno di malattia, otteniamo 13.200 persone in più a lavoro per un giorno. Circa la metà della stima dichiarata.

Proseguendo nella lettura del documento leggiamo che si ritiene il campione di dipendenti pubblici preso in esame (circa il 6% di tutto il pubblico impiego) “significativo”. Precisando che “In ragione della variabilità dei dati, il calo delle assenze per malattia dell’intero universo dei dipendenti pubblici può dunque essere plausibilmente collocato in un range del 37-40%”.

Queste due asserzioni sono come una casa che si poggia sulla sabbia. Infatti un campione statisticamente attendibile deve anche essere omogeneo e rappresentativo delle diverse componenti dell’universo di valori di riferimento. Ma qui si ammette di aver lasciato fuori tutta la sanità, i militari, la polizia e la scuola. Ma osservando la tabella che segue si scorge immediatamente come le categorie escluse si trovano tutte nella parte bassa della stessa. Per cui è lecito desumere che il valore riportato (37,1%) sia da intendere come suscettibile di ampie correzioni al ribasso. Invece leggiamo che il “range” viene stimato, secondo una imperscrutabile logica, solo in crescita dal 37% di partenza, al 40%. Sebbene la prassi delle indagini statistiche indichi che tutte le oscillazioni debbano essere bidirezionali, per cui era lecito attendersi anche la possibilità che il valore finale potesse essere del 33%.

FONTE CORRIERE DELLA SERA DEL 18/7/2008

Se i maligni insinuano che una tale guazzabuglio di numeri sbagliati è frutto di una strategia del terrore premeditata per sostenere la politica dei tagli del governo, tutti gli altri potranno semplicemente pensare che gli errori sono frutto di un solerte funzionario pubblico che, pur di non perdere parte della sua retribuzione, si è recato a lavoro affetto da febbre alta. Ed in palese stato piretico-confusionale, non ne ha azzeccata una.

Ulteriore aspetto dal grande significato politico, più che numerico, è leggere quanto segue: “I dati testimoniano come non sempre le amministrazioni in cui il calo è più sensibile sono quelle meno efficienti. Anzi: spesso accade il contrario”. In pratica si dice che, per stanarne un terzo di malati immaginari, se ne bastona, ingiustamente, altri due terzi, a questo punto malati veramente, decurtando i loro stipendi.

Sottolinenado che, per ciò che attiene tutto il comparto difesa e sicurezza (militari e poliziotti), è
lecito aspettarsi numeri ancora più ridotti, che non fanno che aumentare la rabbia e la frustrazione per una norma vessatoria che pur di far emergere un pugno di presunti assenteisti (la smetterei col termine fannulloni, perchè lo si può essere anche essendo presenti sul posto di lavoro), infierisce con la stragrande maggioranza degli altri.

Il tutto ammettendo placidamente che non si hanno elementi per stabilire che siffatta misura sia utile al recupero dell’efficienza dei servizi offerti al pubblico. Autorizzando così, un’interpretazione che traduce l’articolo 71 della manovra fiscale in una tassazione surrettizia sulla salute, o meglio, sulla malattia.

venerdì 1 agosto 2008

Impeachment

Poco meno di quindici giorni fa (Venerdì 17 Luglio 2008), in seguito all’emanazione del D.L. 112 e contemporaneamente alla discussione sul problema sicurezza, si assisteva ad uno scambio di vedute tra le rappresentanze del personale di polizia e forze armate e il Governo. Sostanzialmente i primi sostenevano che le misure intraprese introducessero gravi tagli ai comparti difesa e sicurezza. Mentre il secondo smentiva con forza a più riprese.

IL CORRIERE DELLA SERA

Berlusconi ai poliziotti: «Non ci sono tagli»

La risposta del premier alle forze dell'ordine scese in piazza per protestare contro la riduzione del budget

LA STAMPA

Agenti in piazza contro la Finanziaria
Berlusconi: "Nessun taglio alla polizia"

RAINEWS24

Polizia in piazza contro il governo. Berlusconi: nessun taglio alla sicurezza

Durante un’incontro di alcuni giorni fa (Martedì 29 luglio 2008) tra il Ministro della Difesa ed il Co.Ce.R. Interforze, secondo quanto si evince dal virgolettato di seguito riportato, pare che questi abbia dichiarato: “I tecnici mi dicono che i tagli ci sono, ma che per voi non sono così devastanti”.

Associazione Finanzieri Cittadini e Solidarietà

WWW.FICIESSE.IT

Incontro del ministro la russa col cocer interforze all’insegna della continuità col predecessore. Gelati gli entusiasmi: “non ci sono soldi; e i tagli per voi non sono così devastanti”

L’incontro del ministro della Difesa Ignazio La Russa con i rappresentanti del Cocer Interforze inizia alle 18,10 di martedì 29 luglio 2008.

Il ministro avrebbe esordito con queste parole: “ho pochissimo tempo da dedicarvi, tra poco ho un incontro con Berlusconi”.

Quindi, dopo i primi interventi di alcuni presidenti avrebbe affermato: “Per parlare di specificità oggi non c’è tempo, è presente il sottosegretario Crosetto ed io devo andare via. Al ministro non potete parlare di tutte queste problematiche. Non ho la capacità tecnica per ascoltare tutte queste cose. E neanche la voglia. Non possiamo pensare ad altri fondi perché non ce ne saranno. Non voglio prendervi in giro. È difficile ottenere qualche risultato. I tecnici mi dicono che i tagli ci sono, ma che per voi non sono così devastanti”.

A questo punto, dopo circa 20 minuti, La Russa va via.

Aldilà della percezione sgradevole che emerge nella descrizione dell’incontro, dovuta all’atteggiamento di La Russa, appare chiara la contraddizione tra ciò che viene proclamato con gran risonanza in pubblico ed a tutti i media e quanto viene riferito nel chiuso delle stanze del potere.

Considerando che tra le dichiarazioni del 17 luglio e queste del 29, non sono intervenuti elementi sostanziali di novità che abbiano potuto produrre il mutarsi delle valutazioni dell’esecutivo circa l’impatto delle misure dei tagli su poliziotti e soldati.

Anzi a conferma che la posizione espressa in pubblico, davanti a microfoni, taccuini e telecamere, è ben diverso, la sera stessa (29 luglio 2008), lo stesso Ministro La Russa, ospite di Mannoni nella trasmissione di approfondimento del TG3, Primo Piano, ribatteva con vigore a Minniti, ex-sottosegretario agli Interni del governo Prodi, ed al segretario del Sindacato di Polizia, SAP, che denunciavano i tagli operati dal Governo.

Quindi poche ore dopo la privata ammissione dei tagli alla presenza del Co.Ce.R., si ritornava alla pubblica smentita. Anzi nel corso della trasmissione il responsabile del dicastero della Difesa, nel confermare quanto detto dal Presidente del Consiglio, Berlusconi. Ossia che “Non c'è nessun taglio”, nei bilanci di Difesa e Sicurezza. Rincarava la dose affermando che le risorse erano state, addirittura incrementate, tramite future alienazioni degli immobili come caserme ed abitazioni.

Insomma la contraddittorietà tra quanto detto in pubblico e quanto detto in privato è tale e tanta che, tutte le sigle sindacali del comparto sicurezza, anche quelle storicamente più vicine alla destra, e tutte le sezioni del Co.Ce.R. (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza) decidevano di acquistare intere pagine di alcuni quotidiani nella speranza di poter denunciare le incongruenze dell’’azione di governo. Il quale, da un lato annuncia con grande enfasi maggiore sicurezza per i cittadini, grazie all’impiego di 3000 soldati con compiti di ordine pubblico, dall’altro pensiona forzatamente, nel prossimo triennio 40.000 tra poliziotti e militari, taglia i bilanci e le risorse per il mantenimento in efficienza di mezzi e strutture di polizia e forze armate, costringe al ridimensionamento dell’attività addestrativa di agenti e soldati. Badando bene, però a stanziare ulteriori, 90 milioni di Euro, per le missioni all’estero.

A ben vedere si potrebbe dire che gli stessi militari si autotassano, per pagare lo sforzo economico delle operazioni fuori dal territorio nazionale.

Giovedì 31 Luglio 2008

Sicurezza:contro tagli sindacati PS comprano pagina giornale

(ANSA) - ROMA, 31 LUG - Con un annuncio a pagamento pubblicato a tutta pagina oggi su 'La Stampa', 'Il Tempo' e 'L'Unita'', sindacati di Polizia e Cocer, ''uniti contro l'azione del Governo'', rilanciano a caratteri cubitali l' ''allarme sicurezza'' per i tagli operati dalla manovra finanziaria.

Manovra: Sindacati Polizia e Cocer Protestano Con Annuncio Su Quotidiani

(ASCA) - Roma, 31 lug - ''Sindacati di Polizia e Cocer uniti contro l'azione del governo. Allarme sicurezza, le ragioni della protesta''. Con questo titolo si apre il documento firmato da tutti i sindacati di Polizia e dai Cocer delle Forze dell'Ordine e delle Forze Armate pubblicato oggi su tre quotidiani a tutta pagina in un annuncio a pagamento: La Stampa, Il Tempo e l'Unita'.

Finanziaria/ Sindacati polizia-Cocer contro governo: no ai tagli

Intera pagina su quotidiani nazionali: è allarme sicurezza

Roma, 31 lug. (Apcom) - Non si placa la protesta dei sindacati di Polizia e dei Cocer, che protestano contro "i tagli alla sicurezza per 3,5 miliardi di euro nel prossimo triennio". La denuncia di un 'Allarme sicurezza' campeggia oggi su due importanti quotidiani nazionali, La Stampa e l'Unità

IL MESSAGGERO

Sindacati di Polizia e Cocer protestano: tagli mettono a rischio i servizi ai cittadini

ROMA (31 luglio) - «Sindacati di Polizia e Cocer uniti contro l'azione del Governo. Allarme sicurezza, le ragioni della protesta». Con questo titolo si apre il documento firmato da tutti i sindacati di Polizia e dai Cocer delle Forze dell'Ordine e delle Forze Armate pubblicato in un annuncio a pagamento su alcuni quotidiani.

Tutto ciò nella più completa indifferenza dei massmedia. I quali, evidentemente, non hanno trovato quantomeno curioso il fatto che sindacati e Co.Ce.R. abbiano avuto la necessità di acquistare intere pagine di quotidiani per far fronte alla campagna mediatica del Governo.

In conclusione, delle due una. O è vero quanto asseriscono i sindacati e il Cocer, oppure è vero quello che dicono Berlusconi e La Russa. Se fosse vera la seconda situazione sarebbe lecito attendersi azioni legali nei confronti di quanto riporta il sito di FICIESSE, perché falso. Ma se fosse vera la prima ci si troverebbe dinnanzi alla prova provata che Berlusconi mente sapendo di mentire.

Negli Stati Uniti, Clinton subì un impeachment per aver mentito su questioni molti più veniali. Ciònostante, si procedette ugualmente contro di lui, partendo dal presupposto che un capo di governo se mente su una sola cosa è capace di farlo su tutto.

Ma gli USA sono proprio dall’altra parte dell’oceano.