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lunedì 25 agosto 2008

Nuova formazione politica: P.V.I. (Partito Vaticano Italiano) Transnazionale.

Come spesso accade, specialmente negli ultimi anni, le esternazioni del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.), specificatamente del Cardinal Angelo Bagnasco, riscontrano grande eco mediatica. A questa regola non scritta non è sfuggito il suo intervento al Meeting di Comunione e Liberazione (C.L.) 2008 inaugurato ieri a Rimini.

Ufficialmente Bagnasco è il primo non politico in parecchi anni a cui è affidato l'incontro inaugurale del Meeting. E' anche vero che lo stesso Cardinale ha citato le parole di Benedetto XVI, il quale precisava che la Chiesa: “non è un agente politico ma si interessa della res pubblica e i vescovi danno voce al loro popolo”. Insomma un bel manifesto con cui si dà mandato alla C.E.I., quale soggetto autorizzato a rappresentare la volontà pontificia nella politica italiana.

Nulla da eccepire, l’Italia è una democrazia in cui tutti i cittadini, anche nelle loro forme aggregate, sono titolati a partecipare al dibattito politico. Ivi inclusi quanti si riconoscono nella religione cattolica.

Alcune perplessità sorgono sull’opportunità che un organo ufficiale di uno stato sovrano estero, quali sono, rispettivamente, la C.E.I. e Stato Vaticano, partecipino al dibattito politico italiano.

Evidentemente questo problema è stato dato dai più come superato ed eccoci qui a commentare quanto detto dal Presidente della C.E.I.

Leggendo attentamente il suo excursus è s’insinua il dubbio che vi possa essere un che di eversivo in quanto dottamente illustrato. Infatti, seguendo il filo logico costruito intorno al tema: “La Chiesa, un popolo che fa storia”, si osserva una progressiva costruzione tesa prima a dar un corpo e, soprattutto, uno spazio fisico ai Cattolici : “La Chiesa è la nostra “casa”, (…) è anche il nostro “mondo”” . Precisando che: “La Chiesa, offre ad ogni credente l’esperienza della casa – la parrocchia, il gruppo, la comunità…Ma offre anche il respiro dell’universalità perché diffusa sino ai confini della terra (...) Ma il mondo è presente nel cuore della Chiesa anche oltre la sua dilatazione geografica e temporale: se – per ipotesi – la presenza della Chiesa dovesse contrarsi e ridursi ad un punto ristretto della terra, ugualmente il suo respiro porterebbe l’eco dell’umanità intera, l’universalità del mondo”. Dunque, l’idea è quella di una comunità religiosa che, seppur piccola, attraversa e si estende attraverso tutti i confini. Ossia la sua corporalità trascende la fisicità dei confini del più piccolo stato del mondo divenendo il mondo stesso.

Procede, quindi, approcciando la correlazione del tema, ossia, la capacità di scrivere la storia, da un punto di vista generale: “La storia è compito di ogni uomo. Tenendo conto di una dimensione che mi sembra costitutiva della storia, quella ideale e quella comunitaria, potremmo parlare di differenti livelli: delle singole persone, dei popoli, degli Stati.”, il punto critico si evidenzia, allorché sottolinea che: “non sempre nella storia i popoli hanno mostrato accondiscendenza verso le decisioni degli Stati, indirizzando gli eventi in modo diverso” proseguendo “Ciò sta a testimoniare quanto ogni Stato debba sapersi e volersi come espressione del popolo, sapendo che questo è specificato da un insieme di idee e valori di tipo spirituale ed etico che costituiscono “l’anima della Nazione”, la sua identità profonda. Qualora uno Stato dovesse tradire quest’anima, tradirebbe la gente in ciò che ha di più intimo e più suo. Colpirebbe ciò che consente ad una moltitudine di sentirsi “popolo” e ad un territorio di essere sentito come “casa”, “patria”. Tradire l’anima di un popolo – magari con processi corrosivi e subdoli – vuol dire sgretolare, in nome di qualche ideologia o disegno politico- economico, ciò che consente ad ognuno di sentirsi parte di un tutto; significa derubarlo di ciò in cui crede, che gli appartiene, che gli è stato tramandato come patrimonio, che è la sua forza unificante.”.

Dunque riassumendo ci dice che la Chiesa è sia “casa” che “anima” di coloro che ad essa si riconducono e gli Stati devono ben guardarsi dal contraddirli. Svilendo al contempo gli stessi Stati nel loro ruolo d’autonoma sovranità, frutto di un processo democratico-elettivo ben più concreto e verificabile, dell’effettiva quantificazione dei cattolici, che, per dirla tutta e a ben vedere le chiese nelle domeniche d’Agosto, in Italia non devono essere poi molti.

Se però ritorniamo alla sua citazione, cui facevamo riferimento all’inizio: “la chiesa non è un agente politico ma si interessa della res pubblica e i vescovi danno voce al loro popolo” notiamo come l’ergersi a guida di questa moltitudine, potenzialmente, dissenziente, titola la C.E.I., autoproclamatasi soggetto del panorama italiano, a forza politica di fatto. Consacrata in tale veste anche dall’invito del Ministro Bossi, ad un confronto sul tema del federalismo, la formalizza in questa veste “partitocratrica”.

Bagnasco dipinge una Chiesa autoreferenziale che rivendica quello che la storia le ha riservato a lungo. Un potere temporale, oltrechè spirituale. Eccolo quindi opporsi e contestare: “Oggi, come in altri periodi della storia, si vuole che la Chiesa rimanga in chiesa. (…) si vorrebbe negare la dimensione pubblica della fede concedendone la possibilità nel privato. A tutti si riconosce come sacra la libertà di coscienza, ma dai cattolici a volte si pretende che essi prescindano dalla fede che forma la loro coscienza.

In assoluto questa riflessione non è eccepibile, sennonché il latore è un’autorità designata da un Capo di Stato estero, il quale rivendica una sovranità non solo morale ma anche territoriale su parte della popolazione di un altro stato, nella fattispecie quello italiano.

Ecco allora la perplessità, non nell’apprendere che Bagnasco dica questo in nome e per conto dello Stato Vaticano, semprechè non pervenga un comunicato di smentita e presa di distanza, su la falsa riga di quanto avvenuto con Famiglia Cristiana, anche per la C.E.I., ma nel fatto che nessun’autorità delle Istituzioni italiane, inviti alla non ingerenza negli affari interni del Paese.

Forse è vero il detto chi disprezza compra. Probabilmente, dietro tutte le critiche e il biasimo per le teocrazie instaurate in molti paesi mediorientali, si cela l’invidia per ciò che non è stato più possibile attuare nell’Europa post-illuminista.

Visto anche le reazioni alle pochissime voci dissonanti che si azzardano a criticare quanto, di volta in volta, esternato dalle autorità pontificie. Pretendendo scendere in campo e giocare la partita nella duplice veste di arbitro e giocatore

Il Cristianesimo ha gambe d’argilla, per ciò che riguarda le sue origini, lasciando invece all’ineluttabilità della prova storica tanti drammi e tanti morti. Per questo rivendicare, oggi, un ruolo politico da una posizione di privilegio, qual è quello della Chiesa Cattolica in Italia, appare, quantomeno, fuori luogo.

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