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martedì 10 febbraio 2009

“Sepolcri imbiancati”

Mio Padre, era un vecchietto di ottantotto anni. Conduceva una vita tranquilla ed aveva uno stato di salute discreto, compatibilmente con la sua età. Una sera di quattro mesi fa, a causa di una banale caduta si procura la frattura del femore. Il successivo ricovero evidenzia un quadro clinico che induce al più ampio ottimismo. Sia perché la lesione dell’osso è composta e di piccola entità. Sia perché la fibra del malato mostrava di poter ben sopportare l’intervento chirurgico e la successiva riabilitazione. In effetti il primo decorso post operatorio e le prime due settimana non hanno fatto altro che confermare questi presupposti.

Apparentemente inspiegabilmente, il quadro clinico comincia a prendere una piega differente il aspetto complessivo sembra trascurato e mostra evidenti segni di disidratazione uniti ad un significativo dimagrimento. Eppure i pasti vengono portati al letto di degenza e mentre io personalmente mi assicuro che abbia acqua a sufficienza. Nel giro di quarantotto ore la sua condizione si peggiora mostrando chiarissimi segni di debolezza e prostrazione. Cui si aggiungeva un visibile deficit nelle sue capacità di attenzione e comprensione di ciò che gli accadeva intorno.

Da questo momento tutti i parametri vitali continuavano a peggiorare, dando la sensazione che la causa del suo ricovero fosse, non già una frattura femorale, bensì un problema di carattere cardio vascolare che avesse compromesso anche le sue funzioni cognitive. Infatti cominciavano ad essere ben visibili difficoltà motorie degli altri arti non interessati dal trauma, nonché evidenti difficoltà di comunicazione.

Nonostante le mie sollecitazioni allo staff medico ed infermieristico che aveva il compito di assisterlo, la denutrizione e la disidratazione continuava, non solo a persistere ma anche ad aggravarsi. Era ormai evidente che i pasti erano inadeguati alla sue nuove condizioni di salute, tant’è che le pietanze somministrate venivano ritirate intonse così come erano state portate. A ciò si aggiungeva il fatto che lo stato di pressoché totale confusione mentale e sopraggiunte difficoltà motorie di mio Padre lo rendevano incapace di provvedere da solo alla sua alimentazione ed anche alla semplice idratazione. Insomma nessuno lo alimentava e gli dava da bere. Eccezion fatta per il sottoscritto che cercava, nelle poche ore di orario di visita, di integrare tutto ciò che gli era mancato durante la giornata. Ma, evidentemente, questo era assolutamente insufficiente non solo a consentirgli un recupero ma anche solo a permettere di mantenere stabile la sua condizione.

Intanto le sue condizioni continuavano a peggiorare a tal punto che erano evidenti lacerazioni dovute alla disidratazione sia sulle labbra che anche sulla lingua.

Dopo altre due settimane trascorse in questo modo, l’ ospedale presso cui era ricoverato si risolve a trasferirlo. Peccato che decida di inviarlo in queste condizioni in un centro di riabilitazione motoria.

Il quale, all’atto del ricovero, certificava la sua debilitazione altre ad evidenti piaghe da decubito nella zona dei talloni. Mio Padre arrivava in una posto che avrebbe dovuto rimetterlo in piedi incapace anche solo a nutrirsi, o a stare seduto in una sedia a rotelle. Rilevando la clinica che a causa del gonfiore della lingua era incapace di assumere una dieta solida, su mia sollecitazione ed iniziativa veniva prescritta una dieta liquida.

La debilitazione unita ad una dieta organoletticamente indigesta e di basso impatto calorico e nutrizionale impedivano che i tentativi di riabilitazione motoria producessero significativi miglioramenti. Tutte le sue funzioni vitali continuavano inesorabilmente a peggiorare, inclusa la denutrizione e la disidratazione. Dopo tre settimane di ricovero in questo centro di riabilitazione comparivano alcune segni di sofferenza respiratoria. Otto settimane dopo il primo ricovero la situazione era talmente grave da suggerire la somministrazione di ossigeno per far fronte alle crescenti difficoltà respiratorie oltreché di due trasfusioni di sangue. Anche l’incapacità di alimentarsi e di bere era diventata cronica a tal punto di indurla per endovena. Ovviamente in queste condizioni dello scopo primario per cui lui era lì, ossia la riabilitazione motoria neanche a parlarne, dato che ormai, perennemente allettato su materasso antidecubito, neanche a parlarne, vista l’evidente debolezza e incapacità anche solo di cambiare posizione nel letto.

Anche le sue capacità cognitive apparivano ormai compromesse. Ciò nonostante tutto, nessun dubbio sovveniva alla struttura circa la sua inadeguatezza a provvedere alle oggettive necessità di cura del paziente.

Il 14 Dicembre scorso, la crisi respiratoria era tale e tanta che due medici di turno (ossia quelli che non lo seguivano abitualmente) si risolvevano a dichiarare l’ “incompetenza professionale” della struttura a gestire un caso simile autorizzando il trasferimento del malato presso il medesimo ospedale in cui era stato ricoverato precedentemente. L’accettazione al pronto soccorso evidenziava immediatamente la situazione drammatica. Era ormai in fin di vita. Tutti i valori evidenziavano una denutrizione e disidratazione tale da aver compromesso tutte le altre funzioni.

Il ricovero e le cure prestate nelle ore successive nulla hanno potuto per impedire la morte sopraggiunta il mattino successivo. Senza sofferenze i suoi polmoni hanno semplicemente cessato di respirare ed il suo cuore di battere.

Questa lunga cronaca non si prefigge nessuno scopo recondito se non denunciare che in Italia esiste già l’eutanasia. Sebbene indesiderata e non richiesta. Viene ripetutamente praticata a danno di migliaia di persone ricoverate loro malgrado abbandonate da un sistema sanitario reso esanime da anni di tagli, perpetrati da quegli stessi che ieri sera si sono intrattenuti in un minuto di silenzio per commemorare la cessazione delle funzioni vitali di un guscio inerme di quella che, oggettivamente, non era una donna come molti la descrivevano strumentalmente, ma solo una ex ragazza che 17 anni orsono ha cessato semplicemente di essere tale a causa di un incidente d’auto. Per la quale molti si sono sperticati nel descriverne la presunta vitalità attuale e per la quale il nostro sistema sanitario spendeva cifre mostruose, pur di giustificandone le cure solerti. Negando il medesimo diritto ai tanti che quotidianamente vengono abbandonati nelle corsie di ospedali, lasciati morire di inedia senza che il Parlamento si scomodi in sedute notturne, provvedimenti di urgenza e commemorazioni postume, per garantire il loro sacrosanto diritto alla vita cui mai esplicitamente o implicitamente hanno rinunciato.

Invece si sceglie di dimenarsi nel dubbio se una persona che non c’è più da 17 anni desiderasse morire o No. In guerra i medici che operano nei campi di battaglia sanno benissimo che la prima operazione da fare è dividere i feriti gravi da quelli meno gravi perché i primi potrebbero morire comunque nonostante le cure, mentre i secondi potrebbero fare altrettanto solo perché privati delle cure mediche troppo assorbite a salvare i disperati in punto di morte. Per questo nei momenti di crisi è più opportuno concentrarsi su quanti con semplici operazioni hanno le maggiori chances di sopravvivere, procrastinando ad un secondo momento i casi più gravi.

Invece quelli che ieri ed oggi si stracciano le vesti gridando “l’hanno ammazzata” sono gli stessi che non una sola obiezione hanno mosso per approvare i tagli di bilancio della sanità che condannano ogni giorno, di fatto, a morte migliaia di nostri cari ben più coscienti dell’involucro inerme di quella che fu Eluana Englaro.

Dovremmo forse noi fare altrettanto ed urlare:

“LI HANNO AMMAZZATI?”

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono Drewes, admin del blog Pagine Di Latte.

Che ne pensi di un "gemellaggio" tra i nostri due blog?

Fammi sapere lasciandomi un commento sul mio blog: http://paginelatte.blogspot.com/

^_^

Anonimo ha detto...

Ti ringrazio per il commento lungo e ponderato.

Probabilmente il termine gemellaggio è inappropriato. La sua accezione era una semplice proposta di "scambio link", se così si può dire.

Ho letto gli ultimi post presenti nella home del tuo blog ed oltre a trovarli molto interessanti, li condivido almeno parzialmente.

Purtroppo sono una persona che pensa fin troppo, e quando mi dedico al mio blog preferisco parlare del "niente", piuttosto che ammorbare i miei lettori con i miei pensieri, per lo più tristi e privi di speranza.

In particolare, mi riferisco al tuo ultimo post. Questa è una vicenda che mi ha toccato profondamente. Sapevo di vivere in Vaticalia, ma onestamente speravo di non arrivare mai a questo punto.

Anonimo ha detto...

So che non conta nulla, ma ho aggiunto il tuo link tra i Siti Amici.

Anonimo ha detto...

Figurati, ho un enorme piacere a scambiare pareri con persone intelligenti ed educate.

Apprezzo molto la tua lotta alla disinformazione, ma ormai io ho davvero perso le speranze. Vedere quel banner "contro Fede", ad esempio, non fa che provocare in me ancora più schifo di quanto già ne provi. Non tanto per l'assoluta illegalità con la quale Rete4 viene trasmessa, ma per la totale ignoranza di noi cittadini.

Ma questi sono discorsi lunghi e noiosi.

Annachiara ha detto...

Questa dovresti mandarla ad un giornale, veramente.
Con affetto

Paolo Melis ha detto...

@ Annachiara
Grazie dell'affetto.
Quanto ai giornali penso di non aver detto nulla che un qualunque gionalista accorto non potesse sapere già. Purtroppo, però, tra il potere ed il volere c'è di mezzo il mare...
Baci alle bimbe