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giovedì 5 febbraio 2009

L’invasione degli ultra-Silvio!

Sono sempre di più coloro che scorgono significative analogie tra la campagna elettorale per l’elezione del Presidente della Regione Abruzzo e quella per la Regione Sardegna.

Un candidato del PD ed uno del PdL, che dovrebbero lottare per il governatorato ma con un terzo incomodo come il Presidente del Consiglio, a svolgere le funzioni di balia del candidato di centrodestra. Tanto da far gridare allo scandalo e a prefigurare, più che un incarico come Presidente della Regione ad un ruolo di Vicerè.

Mesi dopo le elezioni gli abruzzesi scoprono che, delle mirabolanti promesse fatte da Berlusconi, grazie ad un dispiegamento di forze mediatico degno delle presidenziali americane, non vi è più traccia. Una per tutte la promessa fatta da Berlusconi di far approvare dal Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica fondi per le infrastrutture regionali abbruzzesi. Ebbene il Cipe riunitosi successivamente ha stanziato 7,3 miliardi di euro per le infrastrutture, non sedici. Assegnando fondi per la Calabria, per le aree montane, per la tratta autostradale tirrenica Rosignano - Civitavecchia, per il sistema Mose di Venezia. per l’Expo di Milano. Ma nulla per l’Abruzzo!.

Anche nelle elezioni isolane sembra ripetersi il medesimo copione, anzi gli accenti sembrano decisamente più aspri, sia per l’“attenzione” personale del premier che in Sardegna ha interessi economici, turistici e di rappresentanza non indifferenti, sia perché l’interlocutore di centrosinistra è un certo Renato Soru, ossia un imprenditore (guardacaso come lui), sardo doc (guardacaso non come lui), sceso in politica ed oggi da molti indicato come figura di garanzia in grande ascesa nel PD. Insomma, ora che il Cavaliere pensa di aver sistemato i suoi competitors Democratici attuali, sembra che cerchi di colpire le nuove leve per minare il futuro dell’opposizione.

Ecco, così, il ripetersi della candidatura simbiotica per interposta persona del più famoso abitante di Arcore. È Ugo Cappellacci, ex Assessore del comune di Cagliari, nonché figlio dell’ex-commercialista sardo di Berlusconi, assurto per grazia divina (sua), in quanto sconosciuto assoluto nel panorama politico sardo (se non per alcune vicende giudiziarie ai tempi quando era assessore regionale della giunta Masala), quale candidato del centrodestra.

Il guaio è che la confusione di ruoli è tale e tanta che anche il programma del candidato della PdL ne risente. Infatti, scorrendolo, si ha come l’impressione che sia quello di un candidato alla Presidenza del Consiglio. Infatti nelle sue 62 due pagine sono continui i proclami all’adozione di misure che sembrano rientrare più logicamente nelle disponibilità di un governo nazionale che di uno regionale. Una sequela di promesse di riforme legislative proprie del Parlamento nazionale. A meno che non si voglia pensare che l’azione autonomista promossa dal presidente uscente, Soru, sia stata tale e tanta da aver consentito ai sardi di avere piena e totale autonomia dal così detto continente.

Essendo la realtà ben diversa, o dobbiamo credere che la sostituzione di persona ha preso così piede da far sì che Berlusconi garantisca la collaborazione del governo solo ad un’isola governata da un suo delfino, oppure che certe promesse siano roboanti annunci destinati a sgonfiarsi poche ore dopo il voto. In entrambe i casi siamo in presenza di atteggiamenti moralmente discutibili. Nel primo caso perché un governo dovrebbe far fronte alle legittime esigenze e richieste di una parte importante del paese a prescindere da coloro che presiedono nelle amministrazioni locali. Nel secondo caso perché per quanto assuefatti a decenni di “promesse elettorali” e “contratti con italiani” non mantenuti, mentire sapendo di mentire è sempre cosa riprovevole, oltreché banale, quanto ovvio, indice di inaffidabilità.

D’altro canto, però, cosa ci si può aspettare da un centrodestra che, opportunisticamente, a pochi giorni dal voto (2005), decide di modificare la legge elettorale impedendo ai cittadini di scegliere i propri candidati, facendo si che questi vengano imposti da ristrette cerchie di potere? La strategia di governare anche localmente per interposta persona è assolutamente coerente con questa filosofia. Per questo è stato scelto, altrove, non certo in Sardegna, il candidato del PdL. Per questo è Cappellacci l’esempio ideale, al punto di calarsi così bene nel ruolo di alter ego del suo leader da essere indistinguibile da esso, in quanto entità dotata di volontà propria. Quasi fosse uno di quei replicanti protagonisti di un cult movie come “l’invasione degli ultracorpi”, creati da alieni per sostituire la razza umana. Che sia questo l’oscuro piano del Cavaliere, clonare se stesso in innumerevoli copie fino a sostituire completamente tutti gli italiani?

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