Nonostante, sulle scrivanie delle redazioni giornalistiche di tutto il mondo, ci siano altri i temi come la gravissima crisi economica, la questione israelo-palestinese oppure, per rimanere alle faccende italiane, la condanna per corruzione di dell’avvocato Mills oppure l’incidente diplomatico tra Italia ed Argentina. Le prime pagine dei giornali italiani e i titoli di testa dei TG continuano a focalizzare l’attenzione sul tracollo del Partito Democratico.
Dopo la fine dell’esperienza di Veltroni alla sua guida, innegabilmente fallimentare, sembra che il tema unico sia l’identificazione del suo successore, quando non il rischio della scissione e dell’estinzione.
Si badi bene, non che questo non rivesta un carattere di gravità od urgenza. Infatti se una cosa si può dire riguardo alla gestione veltroniana è che l’inconsistenza politica e l’indecisione hanno permesso che venissero approvate, sostanzialmente senza dibattito, scelte politiche che disegnano lo scenario di un’Italia futura, ufficialmente bipolare, ma di fatto monca di una sostanziale opposizione od alternativa politico-parlamentare.
Il venir meno di uno storico equilibrio tra i poteri consegna il paese interamente nelle mani di un Berlusconi, egemone del centrodestra.
La questione della successione di Veltroni, così come è attualmente posta, ci mostra che neanche gli stessi simpatizzanti del suo partito hanno idee chiare e, tantomento, riescano ad identificare un soggetto idoneo a rivestire la carica di segretario nazionale. Considerando che il più papabile non raccoglie più del 20% dei consensi è un d’alemiano di ferro come Bersani , che, in quanto tale, ne riflette le debolezze politiche e di credibilità. Le quali potrebbero essere facilmente oggetto di attacchi da parte di un quadro mediatico sostanzialmente indirizzato e governato dal Cavaliere.
Insomma l’elettorato del centrosinistra è ampiamente frammentato e privo, ancor prima che di un leader, di valori univoci e sostanziali a cui aggrapparsi. Purtroppo, invece, proprio la sinistra che sembrava aver archiviato definitivamente la questione del culto della personalità, con Breznev , oltre quarant’anni fa, sembra volersi fossilizzare sul nome ancor più che sul progetto. Continuando a cadere nell’errore che l’ha portata alla sconfitta in tutti questi anni. Perché la personificazione di un’ideale ha ragion d’essere solo quando esiste un sistema alla base in grado di sostenerlo, vedasi radio e TV. Ma questo non è il caso del centrosinistra attuale. Anzi a ben vedere è l’esatto contrario, per cui pensare di riporre tutte le proprie speranze in sol uomo, consentedo agli antagonisti di centrodestra di scavare alla ricerca di una crepa da poter strumentalizzare e utilizzare per distruggere un simile avversario.
Invece si insiste in questa linea troppo incentrata a copiare gli atteggiamenti e le strategie degli avversari, i quali , in tal modo, hanno sempre la possibilità di scegliere l’arma e il terreno dello scontro, premeditandolo, preparandolo e pianificandolo con cura ed attenzione. Traendone, quindi il massimo vantaggio.
Dimostrazione della posizione di forza del centrodestra è una, neanche troppo malcelata, dimostrazione di trovarsi di in presenza di un momento storico che sancisce il vero e proprio inizio di un dominio politico incontrastato. Così come accadeva con
Primo segnale in questa direzione, se si vuole, è un’articolo apparso sul Il Giornale, a firma di Stenio Solinas: “Ma il mister X ideale viene da destra Il laico, sociale e antifascista Fini”. Un duro attacco al Presidente della Camera che, per quanto l’autore si premuri di attribuirgli un carattere provocatorio ma nulla più, è una vera e propria requisitoria contro quello che una volta era dipinto come il “delfino di Belusconi”. Per il quale dopo il binario morto, che già fu di Bertinotti, presso il quale è stato parcheggiato dopo le elezioni, forse più per allontanarlo dal campo di battaglia vero e proprio che per altro. Ecco la “suggestiva” idea di “scaricarlo” al PD, quale indice di un nodo irrisolto che sembra essere destinato ad essere affrontato dal centrodestra.
Infatti, di fronte al disfacimento del PD, il cui antagonismo catalizzava e coalizzava l’azione del centrodestra, ora l’esubero di energie e la “voglia di menar le mani” potrebbe rivolgersi verso l’interno. Un po’ come stava accadendo per un breve periodo prima delle ultime elezioni, quando sembrava si volesse mettere in dubbio la leadership di Berlusconi con Fini, a svolgere il ruolo di più autorevole successore. Salvo rimanere bruciato e sorpreso dal famoso “discorso del predellino” con il quale il Cavaliere annunciò la nascita del PdL, palesemente senza essersi accordato col principale alleato. Certamente entrambi non se ne sono dimenticati e forse i recenti distinguo di Fini su temi come la democrazia , il razzismo, l’eutanasia, fino alla difesa del Presidente Napoletano e la risposta veicolata tramite un giornale ben noto per essere più che vicino al Presidente del Consiglio, col quale si invita, neanche troppo velatamente, l’ex segretario di AN (partito che oggi veramente non esiste più) a cambiare aria, sono la chiara risposta dei nodi che stanno venendo al pettine.
La storia insegna che il potere per essere incontrastato richiede che le persone troppo ambiziose e, ancor più se carismatiche e astute, non possono soggiornare troppo a lungo nelle immediate vicinanze di esso. Perché minano l’autorità e l’autorevolezza del leader.
Nessun dubbio che tra coloro che orbitano intorno a Berlusconi non vi sia nessuno in grado di ereditarne il ruolo agli occhi dell’elettorato. Certo non lo possono essere, ne i Dell’Utri, i Gasparri i Cicchitto, i Calderoni. Checché ne dica Solinas, Fini è il solo a poter ambire a un ruolo simile nella PdL. Proprio per questo va allontanato. Sebbene per i motivi opposti a quelli che vuole far intendere il giornalista, non già perché dipinge un “Cavaliere semi-dio” in grado di vivere oltre i cent’anni, ma proprio per il suo esatto opposto. Infatti, seppure accuratamente sminuite o celate, l’inquilino di Palazzo Chigi negli ultimi anni ha mostrato segni di cedimento fisico che lo hanno portato a ricoveri ed interventi (spesso mascherati come di carattere estetico).
Egli sa bene di avere un tempo limitato davanti a se e, contestualmente, di non poter riporre fiducia illimitata in alcuno. Se cede il posto lo deve fare a qualcuno che ne “tuteli” gli interessi con la stessa energia e la stessa determinazione sua. Per questo un tale lavoro non può essere, mai e poi mai, affidato ad un’estraneo. Ecco quindi che si profila l’opportunità di “cogliere due piccioni con una fava”. Assistere e favorire il disfacimento di un’opposizione già ai minimi termini e far piazza pulita della “cantina di casa” eliminando armadi troppo ingombranti che chissà quali sorprese possono ancora contenere. Aprendo la strada a quella che è storicamente la vocazione e il patrimonio incontrastato italiano: la famiglia.
Croce e delizia della nostra cultura, i figli imparano il mestiere dei padri, soprattutto se questo è significativamente redditizio e prestigioso. Avvocati, Notai, Professori, Artisti, Giornalisti e, ultimi ma non ultimi, Politici. Quindi chi, meglio di uno di casa può garantire il principio darwiniano della continuazione della specie. Un erede, vero in quanto geneticamente tale, accuratamente tenuto nell’ombra, mai esposto, pronto a replicare al prossimo “giro di walzer” elettorale, la “discesa in campo” di “papi”. Perpetrando quella che oggi sembra assumere giorno dopo giorno i crismi di una vera e propria dinastia.
Ecco, dunque, cosa ci lascia in eredità la “politica della distensione” del centrosinistra, attuata, dal
Renato Soru, uomo culturalmente più vicino alle dinamiche attuali, ha compreso bene che non si può continuare a competere sul medesimo piano mediatico di Belusconi, indicando l’unica strada alternativa. Ritornare al contatto diretto con la gente, riaprendo quei luoghi di incontro e fucina di idee, che sebbene da soli potrebbero non essere sufficienti a ritornare alla guida del paese, però, come quelle piante che, anche se immerse in un bosco incendiato sopravvivono, tali da consentire di tener vive le radici e assicurare che si possa attendere il momento utile perché essa torni a fiorire. Non subito ma sempre prima che mai.
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