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giovedì 4 settembre 2008

Travaglio, Pirandello e la Messa laica

Ieri (3 settembre 2008) al Teatro Vittoria di Roma, Peter Gomez, Marco Lillo e Marco Travaglio hanno presentato il loro ultimo libro: Bavaglio. Hanno partecipato alla serata anche Pino Corrias, Paolo Flores D’Arcais e Sabina Guzzanti.

Tema portante della serata il contenuto dello stesso libro sui temi di scottante attualità, in materia di Lodo Schifani, libertà di stampa, intercettazioni telefoniche e tutto un corollario di temi che sono spesso sconosciuti al grande pubblico televisivo ma certamente più noti agli habituè di certi blog e dei forum del web.

Il pubblico intervenuto, come si suol dire in questi casi, numeroso, non era certamente neofita delle tematiche illustrate, la cui partecipazione, in qualche modo attiva, dimostrava inequivocabilmente la conoscenza di buona parte delle cronache descritte dai protagonisti sul palco.

Di fatto il ripetersi di questi eventi, sostanzialmente in controtendenza con l’inedia, denunciata pochi giorni fa, circa la presunta disattenzione di buona parte degli italiani alla vita politica del paese, assume le caratteristiche di una messa laica con le relative preghiere, espresse sotto forma di dileggio dell’attuale sistema politico-economico-mediatico. Ivi inclusi sacerdoti e profeti moderni rango al quale sono stati, di fatto, elevati buona parte dei giornalisti predetti. Il rito assume una valenza espiatoria, come se si concretizzasse una catarsi liberatoria sufficiente ad alleggerire le coscienze, perché l’uditore medio ritiene di aver contribuito, in tal modo, già con la sua sola partecipazione, al raggiungimento di quello che è apparentemente il fine ultimo. La difesa dei diritti fondamentali delle persone e la lotta popolare contro i “poteri forti”.

Certamente la motivazione del pubblico non è di poco conto se è vero, come è vero, che pur di assistere accetta ore di fila nel caldissimo foieur del teatro testaccino, per poi assistere al dibattito nella immerso in un clima più simile ad una sauna che ad uno spazio dedito all’intrattenimento (se così stanno le cose, non ci si lamenti se la cultura teatrale del nostro paese non riscuote il medesimo successo che all’estero…). Ciò nonostante la folla che gremiva, fin’anche, i corridoi e sostava in piedi per quel paio d’ore necessarie ai sei protagonisti di raccontare quello che gli altri (le televisioni) non dicono. Pirandelliani più di quanto si pensi, stavolta non cercavano un autore, ma, di fatto, una platea che, rompendo gli indugi, cessasse di essere tale e si trasformasse in un coacervo di democrazia attiva e partecipazione. Che cessasse di sgranare rosari e girare ruote di preghiere scritte da altri. Diventando, finalmente, parte attiva del processo politico italiano.

Questo è sembrato essere il senso ultimo della serata, con i suoi appelli conclusivi ad aderire alle iniziative proposte da Travaglio prima e dalla Guzzanti poi. Verosimilmente consci del fatto di essere, sempre più, investiti di un ruolo sacerdotale mal riposto, che rischia di ritorcersi su loro stessi. In quanto peccatori dello stesso peccato di coloro che sono oggetto delle loro critiche, ossia l’autoreferenzialità e il “culto della personalità”.

Ecco quindi l’invito ai loro lettori, o forse meglio seguaci, a frasi protagonisti in prima persona dell’azione critica e di denuncia dell’attuale deriva autoritaristica intrapresa dell’attuale leadership italiana.

Per citare le citazioni di Flores D’Arcais: “Pena il rischio di svegliarsi in un futuro ,come Marx osservava, mai uguale al suo passato, ma non necessariamente migliore. Parlando una neolingua, di stampo Orwelliano, le cui parole significano esattamente il contrario di quello che esprimono intrinsecamente”.

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