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martedì 25 novembre 2008

Il cerchio della vita …e del lavoro

Meno di un’ anno fa, esattamente il 13 Aprile scorso, proprio sull’onda del ripetersi di incidenti mortali nei posti di lavoro, il governo Prodi varava un decreto per arginare questo drammatico fenomeno, più degno di un conflitto bellico che di un invitabile effetto collaterale connesso con la produzione di ricchezza del sistema Italia.
In realtà di quel provvedimento oggi resta ben poco se non la constatazione dei fatti. Ossia che il numero delle morti bianche rimane sostanzialmente invariato, secondo un rapporto dell’INAIL.
Ormai lo stillicidio quotidiano ci dice che possiamo parlare, con buona approssimazione statistica, di una media di più di tre morti al giorno ( circa 1170).
Questo numero ovviamente non può essere ragionevolmente ricondotto ad altrettante “fatalità” bensì al un complesso sistema sociale che si autoalimenta in un circolo vizioso perpetuo. Il cui prodotto è un sistema produttivo ossessivo e, sostanzialmente, indifferente alle indispensabili esigenze di sicurezza dei lavoratori.
Segnali inequivocabili tessono una trama che ci mostra diverse sfaccettature dello stesso problema,
Dall’ingerenza politica nel mercato del lavoro inducendo la percezione che solo con meccanismi, a volte riconducibili a voto di scambio sia possibile ottenere un impiego.
Partendo dalla vicenda del candidato alla presidenza della Regione Abruzzo, Chiodi, il quale invitava a “presentarsi prima del voto a lasciare i propri dati per una selezione professionale da svolgersi a gennaio e che si concludeva con l'invito a votare l'esponente del Pdl alle elezioni di dicembre”, presumibilmente penalmente non rilevante, concede ampio spazio a dubbi sulla sua moralità.
Proseguendo da un’autorità di garanzia come il Consiglio Nazionale di Parità, il quale vede una sua consigliera rimossa dal Ministro del Lavoro e quello delle Pari Opportunità perchè rea di aver espresso dubbi su alcuni provvedimenti varati dal Governo come la detassazione degli straordinari e la reintroduzione delle dimissioni in bianco (abolite da Prodi col decreto predetto), venendo sostituita con la consulente personale del Ministro del Lavoro stesso, allora siamo di fronte ad un chiaro segnale che anche al livello politico più alto non si accettano di buon grado critiche ed obiezioni di sorta, a prescindere dalla loro fondatezza quale preciso indirizzo della volontà del Governo di sovrintendere alle politiche del lavoro senza contraddittorio alcuno. Anche a costo di sacrificare la sicurezza sul lavoro all’altare della produttività.
Passando attraverso la militarizzazione di alcune attività altrimenti improponibili altrove, per cui “A Persano, all'interno dell'area militare che ospita tre caserme e duemila soldati, ogni giorno arrivano oltre trecento balle delle 1.400 prodotte quotidianamente negli impianti che triturano la metà dei rifiuti campani. Più o meno un decimo della monnezza della regione viene accumulata nella base dell'esercito.” e a Chiaiano “Militari con le maschere antigas e operai che a mani nude rimuovono l'amianto senza nessuna protezione né per se, né per la popolazione, contravvenendo alla normativa vigente” situazioni confermate anche dalla stessa procura. Assegnando incarichi lavorativi estremamente dannosi per la salute a quella categoria di dipendenti pubblici, quali sono i militari, storicamente priva di tutela sindacale, per tanto priva di ogni capacità di autotutela sulla sicurezza delle attività lavorative.
Concludendo con la vicenda del macchinista delle Ferrovie licenziato per aver osato denunciare pubblicamente le inefficienze della sua azienda per quel che riguarda i treni su cui viaggia buona parte della popolazione italiana. Tant’è che in segno di solidarietà al collega che, oltretutto, risulta essere anche un rappresentante per la sicurezza dei lavoratori del suo comparto, è stato indetto anche uno sciopero.
Il tutto nell’assordante silenzio delle associazioni di categoria degli imprenditori, le quali ben volentieri si trincerano dietro scudo dell’inazione politica che essi stessi foraggiano, più o meno occultamente.
Insomma dalla politicizzazione delle assunzioni, alla dissuasione alla critica per le politiche sul lavoro, all’occultamento e secretazione delle attività lavorative più “scomode”, alla rappresaglia contro i pochi che osano ribellarsi al sistema, che impone la scelta tra il rischio di morire fisicamente e quello di morire economicamente a causa della perdita del posto di lavoro.
In questo cerchio della vita del mondo del lavoro, sappiamo che le prede alla base della piramide alimentare sono i lavoratori precari e al vertice i predatori sono gli imprenditori.
Omertà, non vedere, non sentire e, soprattutto, non parlare, ma solo votare, lavorare e spendere sono le caratteristiche ideali del lavoratore modello richiesti oggi in Italia.
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