Non può essere diversamente perché il mandato elettorale plebiscitario, che è stato dato a Berlusconi, è omnicomprensivo. Ivi incluso il legame simbiotico con le sue sofferenze interiori e le sue preoccupazioni primarie.
Che valgono i sondaggi mistificatori di certi media “ostili” che riferiscono artatamente di un popolo in preda a preoccupazioni più terrene. Ma quale apprensione per l’economia che, trascinata giù dalla bolletta petrolifera, svuota vertiginosamente conti in banca già depauperati e portafogli in preda a crisi depressive per ansia da solitudine. Neanche il lavoro può assurgere a turbativa dei riposi notturni, con i suoi giri di vite per gli statali, che, finalmente, da malati avranno un ottimo alibi per oziare in pantofole nella loro casa, senza il dubbio di dover uscire a farsi visitare, “prego si accettano solo visite a domicilio”.

Che dire del sistema sociale e del sostegno ai più poveri. Nessuno si turbi per le missive vagamente minatorie dell’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale pubblica del Comune di Roma.
I cui conti sono stati pignorati dalla giunta capitolina, per insolvenza dell’ I.C.I. dal 1993 al 2002 (ironico se si pensa a tutto il mancato introito per l’abrogazione della medesima imposta per tutti gli edifici religiosi, alberghi inclusi, di cui è affollata Roma) che ora costringeranno gli inquilini a rinunciare al lusso di disporre di ascensori o di poter avere l’acqua corrente in casa.
Quello che il popolo vuole, non è il recupero del potere d’acquisto dei salari, l’edilizia popolare agevolata per i meno abbienti, il rinnovo dei contratti scaduti, un lavoro dignitoso e sicuro, una pensione per una vecchiaia tranquilla, una sanità gratuita che dia sollievo alle inevitabili infermità, una scuola pubblica che prepari i ragazzi al futuro e li educhi al rispetto delle regole e dei diritti.
Perché se la testa soffre tutto il corpo se ne duole e null’altro può essere affrontato. Allora si liberi il capo da lacci e laccioli. Senza i quali sarà libero di esprimere tutta la sua vulcanica esuberanza e mascolinità. Che alcuni vorrebbero mettere alla berlina, alludendo ad una sorta di “ius primae nocti” ministeriale, per la selezione dei candidati. E quand’anche fosse, cosa c’è di male nel voler soppesare le capacità di ogni futuro ministro. Jonathan Swift, nei suoi “Viaggi di Gulliver” descriveva le acrobazie circensi di coloro che aspiravano a governare il mondo di Lilliput. Mussolini non esitò a varare le prove di ardimento per gerarchi ed amministratori. Quindi nessuno si desti al grido dello scandalo se Tremonti o La Russa abbiano dovuto dar prova delle loro inequivocabili doti al Presidente del Consiglio, anche nell’intimo dell’alcova.
Gli italiani sanno pazientare perché la loro sorte è inequivocabilmente unita, a doppio filo, con il loro “leader maximo”. E non vi può essere serenita nel paese se essa non alberga nel suo cuore. Perché “come insieme staranno così insieme cadranno”.
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