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mercoledì 21 gennaio 2009

Finalmente hanno inventato la Tivù

Quando, a metà degli anni ottanta, venne liberalizzato il mercato delle televisioni, la tesi a sostegno era che in tal modo si ampliava l’offerta televisiva incrementando il pluralismo dell’informazione, senza per questo produrre ulteriori costi per i cittadini.
Nel frattempo il canone è aumentato sebbene ci si aspettasse il contrario e sebbene l’aumento degli introiti pubblicitari abbiano fatto altrettanto - basti ricordare che all’epoca in cui esistevano solo le reti Rai non esisteva la pubblicità che interrompeva programmi e film. D’altro canto la qualità dei programmi televisivi non ha progredito parimenti all’incremento dei profitti, realizzando, di fatto, un percorso inverso rispetto a quello teatrale - passato dalla commedia dell’arte alla drammaturgia - mentre la produzione televisiva ha indirizzando la gran parte dei suoi prodotti in una serie di riproposizioni del medesimo canovaccio sempre uguale a se stesso al solo scopo di allungarne il brodo per fidelizzare lo spettatore ad una storia senza fine sebbene senza sostanza narrativa. A tutto ciò si sono aggiunti ulteriori costi dovuti alla nascita del digitale terrestre che imponevano all’utente l’acquisto di decoder idonei a decodificarne il segnale.
Quanto al pluralismo le intercettazioni telefoniche pubblicate ci hanno resi edotti del fatto che anche i palinsesti e le scalette dei Tg erano concordate tra le varie testate televisive allo scopo di non nuocersi a vicenda sia sul fronte degli ascolti televisivi sia del consenso politico.
A quasi vent’anni di distanza ci troviamo di fronte all’epilogo del bel sogno iniziale, che tale è rimasto. Siamo, infatti, giunti dinnanzi alla nascita della “Tivù”. Quasi a citare uno spot in onda in questi giorni in cui si riscrivono eventi storici allorché vi fosse stata la televisione. Perché fin’ora la televisione c’era ma non la Tivù.
Quello che fin’ora era solo sussurrato, quando non negato sdegnosamente, viene ufficializzato da un’accordo che formalizza la costituzione del cartello dell’emittenza televisiva : “Rai e Mediaset (entrambe al 48%) e Telecom Italia Media (al 4%), l'editore di La7, hanno creato una società, Tivù srl, che opererà con due marchi, Tivù e Tivù Sat”.
Che l’ufficio del garante della concorrenza non abbia nulla da dire appare decisamente curioso, soprattutto alla luce delle recenti sentenze dell’ U.E. che imponevano la migrazione di Rete 4 sul satellite e la restituzione delle frequenze a Europa 7, ancora inevase. Perché è certo che con la concretizzazione di un simile accordo si pone la pietra tombale sul tema della concorrenza e della pluralità, dato che l’ingresso di nuovi competitors in un mercato blindato come questo appare alquanto improbo.
A questo si aggiunge che, in buona sostanza, anche quanti sostenevano che il pagamento del canone televisivo, per quanto ingiusto, fosse funzionale al sostentamento della sola Rai, ora non più, visto che servirà alla costituzione di una piattaforma satellitare unica anche con Mediaset e La7, i quali beneficeranno in quota parte anche del canone pagate dai cittadini.
Verosimilmente più d’uno dirà che il fatto che l’attuale Presidente del Consiglio, oltre ad essere figura di riferimento per l’emittenza pubblica, sia anche il proprietario dei tre principali canali concorrenti è solo un episodio casuale ed incidentale. Che ovviamente non nutra alcun interesse e, tanto meno, beneficio personale in un siffatto accordo, così come quando ha deciso di dare corso ad una sentenza della corte europea che imponeva l’elevazione dell’IVA a Sky, suo principale concorrente italiano in tema di prodotti televisivi a pagamento. Curioso notare come tanta solerzia nell’attuare le disposizione europee non l’abbia avuta quando si parlava di un canale di sua proprietà come Rete 4.
Insomma, il Cavaliere fortunello sembra sempre avere la buona sorte di trovarsi al posto giusto nel momento giusto, per cui le faccende economiche e di stato si concilino sempre nel senso a lui personalmente più favorevole. Che pur senza inventare nulla ma reinventando tutto a suo modo dalla televisione all’acqua calda veda crescere la sua posizione di potere e dominio nello scenario nazionale.
A questo punto sarebbe opportuna la sua investitura perpetua nella attuale carica quale ammennicolo portafortuna.
www.fainotizia.it

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