QUESTO BLOG SOSTIENE IL
COMITATO PER IL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI COSTITUZIONALI AI MILITARI
Perchè una Democrazia non può dirsi compiuta se non è stata capace di estendere tutte le sue regole e garanzie, fino in fondo a tutti i cittadini, anche quelli in divisa.

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venerdì 23 gennaio 2009

Corrispondenza (postale) d’amorosi sensi

Che il postino dopo aver suonato due volte si lasciasse andare a voluttuosi amplessi con l’inquilina della casa è storia ben nota. Che ciò avvenisse reiteratamente anche in chiave politica economica sotto in nostri occhi deve essere sfuggito ai più.
Se prima si nutrivano seri dubbi ora si ha la certezza. Il colpo di fulmine tra Berlusconi e le Poste Italiane è innegabile. Come una coppia amorosa che oltre a scambiarsi effusioni progetta e concretizza il futuro insieme, i due “piccioncini” non fanno altro che “tubare” a loro modo.
Dopo aver contratto il matrimonio grazie all’accordo tra la Mediolanum e le Poste : “stipulato un accordo con la banca Mediolanum, di proprietà del Presidente del Consiglio, per consentire la domiciliazione di bonifici bancari di tale banca presso gli sportelli postali in tutto il territorio nazionale” ed, consolidato il proprio “bilancio familiare” grazie ai proventi legati ai servizi offerti per la gestione e le erogazioni delle “Social Card”. Dopo che il Cavaliere ha dato una grande prova d’amore gridando al mondo che la sua amata è la più bella di tutte.
Ora dinnanzi alle nubi che si addensavano minacciose all’orizzonte. Come un vero ed eroico cavaliere d’altri tempi che non esita a rischiare la vita per difendere l’onorabilità della propria principessa. Ha estratto la spada contro il drago-magistrato (sempre loro malnati!).
Infatti proprio in questi giorni si stanno concretizzando gli effetti della norma, così detta, “ammazza precari”, varata dal Governo per contrastare le diverse sentenze di diversi tribunali che imponevano che molti (circa 15000) ex dipendenti delle Poste, assunti con contratto a tempo determinato apparentemente per sostituire quelli che andavano in ferie ma di fatto per colmare vacanze d’organico strutturali (operazione illegale), venissero, non solo, riassunti con contratti a tempo indeterminato ma che a loro venissero corrisposte tutti gli stipendi dei quali non avevano avuto modo di beneficiare dalla data del loro licenziamento ad oggi. Parlando di diversi anni si parla di rimborsi che si aggirano sui 50.000 € procapite. Insomma sarebbe stata una bella dote per molti precari. Con i quali avrebbero avuto modo di dare un bell’impulso al mercato, in sacrosanta obbedienza all’invito dello stesso Berlusconi a far girare l’economia acquistando beni e servizi.
Ma forse non era proprio a questo che si riferiva dato che a causa della norma varata dal suo Governo nell’ultima finanziaria non solo questi precari non potranno avere quei soldi ma perderanno l’unica arma che avevano da usare in sede di conciliazione con le Poste Italiane, le quali in cambio ad una loro rinuncia ad ogni pretesa su questi soldi rinunciavano a presentare appello per chiedere la revoca della sentenza e quindi rendere nulla la riassunzione a tempo indeterminato imposta dal tribunale di appello.
Insomma ora ci sarà un certo numero di riassunti a tempo indeterminato, ma contemporanemante anche a tempo determinato, in quanto un’eventuale sentenza di terzo grado sfavorevole darebbe titolo alle Poste per la risoluzione unilaterale dei contratti posti in essere.
Insomma il Cavalier cortese ha ben operato per salvaguardare la dote della sua amata sposa.

mercoledì 21 gennaio 2009

Finalmente hanno inventato la Tivù

Quando, a metà degli anni ottanta, venne liberalizzato il mercato delle televisioni, la tesi a sostegno era che in tal modo si ampliava l’offerta televisiva incrementando il pluralismo dell’informazione, senza per questo produrre ulteriori costi per i cittadini.
Nel frattempo il canone è aumentato sebbene ci si aspettasse il contrario e sebbene l’aumento degli introiti pubblicitari abbiano fatto altrettanto - basti ricordare che all’epoca in cui esistevano solo le reti Rai non esisteva la pubblicità che interrompeva programmi e film. D’altro canto la qualità dei programmi televisivi non ha progredito parimenti all’incremento dei profitti, realizzando, di fatto, un percorso inverso rispetto a quello teatrale - passato dalla commedia dell’arte alla drammaturgia - mentre la produzione televisiva ha indirizzando la gran parte dei suoi prodotti in una serie di riproposizioni del medesimo canovaccio sempre uguale a se stesso al solo scopo di allungarne il brodo per fidelizzare lo spettatore ad una storia senza fine sebbene senza sostanza narrativa. A tutto ciò si sono aggiunti ulteriori costi dovuti alla nascita del digitale terrestre che imponevano all’utente l’acquisto di decoder idonei a decodificarne il segnale.
Quanto al pluralismo le intercettazioni telefoniche pubblicate ci hanno resi edotti del fatto che anche i palinsesti e le scalette dei Tg erano concordate tra le varie testate televisive allo scopo di non nuocersi a vicenda sia sul fronte degli ascolti televisivi sia del consenso politico.
A quasi vent’anni di distanza ci troviamo di fronte all’epilogo del bel sogno iniziale, che tale è rimasto. Siamo, infatti, giunti dinnanzi alla nascita della “Tivù”. Quasi a citare uno spot in onda in questi giorni in cui si riscrivono eventi storici allorché vi fosse stata la televisione. Perché fin’ora la televisione c’era ma non la Tivù.
Quello che fin’ora era solo sussurrato, quando non negato sdegnosamente, viene ufficializzato da un’accordo che formalizza la costituzione del cartello dell’emittenza televisiva : “Rai e Mediaset (entrambe al 48%) e Telecom Italia Media (al 4%), l'editore di La7, hanno creato una società, Tivù srl, che opererà con due marchi, Tivù e Tivù Sat”.
Che l’ufficio del garante della concorrenza non abbia nulla da dire appare decisamente curioso, soprattutto alla luce delle recenti sentenze dell’ U.E. che imponevano la migrazione di Rete 4 sul satellite e la restituzione delle frequenze a Europa 7, ancora inevase. Perché è certo che con la concretizzazione di un simile accordo si pone la pietra tombale sul tema della concorrenza e della pluralità, dato che l’ingresso di nuovi competitors in un mercato blindato come questo appare alquanto improbo.
A questo si aggiunge che, in buona sostanza, anche quanti sostenevano che il pagamento del canone televisivo, per quanto ingiusto, fosse funzionale al sostentamento della sola Rai, ora non più, visto che servirà alla costituzione di una piattaforma satellitare unica anche con Mediaset e La7, i quali beneficeranno in quota parte anche del canone pagate dai cittadini.
Verosimilmente più d’uno dirà che il fatto che l’attuale Presidente del Consiglio, oltre ad essere figura di riferimento per l’emittenza pubblica, sia anche il proprietario dei tre principali canali concorrenti è solo un episodio casuale ed incidentale. Che ovviamente non nutra alcun interesse e, tanto meno, beneficio personale in un siffatto accordo, così come quando ha deciso di dare corso ad una sentenza della corte europea che imponeva l’elevazione dell’IVA a Sky, suo principale concorrente italiano in tema di prodotti televisivi a pagamento. Curioso notare come tanta solerzia nell’attuare le disposizione europee non l’abbia avuta quando si parlava di un canale di sua proprietà come Rete 4.
Insomma, il Cavaliere fortunello sembra sempre avere la buona sorte di trovarsi al posto giusto nel momento giusto, per cui le faccende economiche e di stato si concilino sempre nel senso a lui personalmente più favorevole. Che pur senza inventare nulla ma reinventando tutto a suo modo dalla televisione all’acqua calda veda crescere la sua posizione di potere e dominio nello scenario nazionale.
A questo punto sarebbe opportuna la sua investitura perpetua nella attuale carica quale ammennicolo portafortuna.
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venerdì 16 gennaio 2009

Citizen Comellini

Totò diceva che la morte è una livella, di fronte alla quale finiamo tutti per essere uguali. Sfortunatamente essa è una soglia che necessita di essere superata, non basta approssimarcisi per ottenere se non proprio il medesimo risultato almeno la speranza di poterlo avvicinare.
E’ il caso di due scioperi della fame. Di Marco Pannella, leader storico dei Radicali e di un semplice Maresciallo dell’ Aeronautica, Luca Comellini. Entrambi posti in atto per ottenere l’attenzione dell’opinione pubblica sui temi dei diritti costituzionali. Il primo per protestare sul querelle della commissione di vigilanza Rai, ma non nel senso che più opportunamente ci si aspetterebbe, ossia che il Presidente Villari decida di accogliere l’invito a dimettersi, bensì perché ormai, sia i membri della commissione di centro sinistra che di centro destra per convincerlo a fare un passo indietro hanno deciso di disertare i lavori: "sciopero della sete se il comportamento dei parlamentari membri della commissione di Vigilanza sulla Rai confermeranno la violazione della legalità e il compimento dei reati previsti che prevedono pene con la reclusione fino a 5 anni nel caso del verificarsi dei reati in questione, non partecipando ai lavori della Commissione stessa”.
Il secondo, in base a quanto denunciato in una lettera al Presidente della Repubblica, per “richiamare la Loro attenzione sull’arbitrario e vessatorio procedimento disciplinare di stato avviato nei suoi confronti. Con tale procedimento, la scala gerarchica intende sanzionare – eventualmente con la destituzione dell’interessato – l’esercizio della libertà di pensiero da parte di un militare. In particolare, il medesimo è anche accusato di aver presentato una petizione ai Presidenti del Senato e della Camera (ex articolo 50 della Costituzione) che propone modifiche alla legge 11 luglio 1978, n. 382 recante "Norme di principio sulla disciplina militare", avendo ritenuto, l’Amministrazione medesima, che l'invio di petizioni su argomenti di servizio costituisce violazione delle Norme sull'obbligo di seguire la via gerarchica (articoli 12 e 39 del Regolamento di Disciplina Militare), come evidenziato nella Direttiva SMA-ORD 020-Relazioni con i Superiori.I diritti civili e politici del Maresciallo Luca Marco Comellini sono pesantemente minacciati dall’azione che l’Amministrazione ha inteso avviare e che, ora, pur nell’estinzione dei termini procedimentali, prosegue per affermare le sue ragioni”.
Se dell’ennesimo digiuno di Pannella molti hanno avuto notizia, del povero Maresciallo pochissimi hanno saputo. E si che l’iniziativa dell’illustre politico è ancora alla fase di annuncio, mentre quella di Comellini è arrivata all’ottavo giorno e le condizioni di salute del militare sono già critiche.
I media hanno scelto di dare ampio riscontro (tutti i giornali e anche ampi servizi nel corso dei Tg) solo a Pannella. I politici hanno deciso di esprimere la loro preoccupazione a solidarietà solo a Pannella. Entrambe hanno pensato che, i diritti costituzionali di un uomo di 43 anni, padre di una bambina di cinque anni, che rischiando il proprio posto di lavoro - oggigiorno più importante della stessa vita - rischia la propria vita per urlare al mondo che quasi 200 mila militari vedono compromesso il loro diritto a manifestare le proprie idee e convinzioni politiche.
Insomma da una parte abbiamo un incomprensibile protesta che non fa altro che intorbidire e rendere più confuse le acque intorno al tema dell’informazione pubblica, addirittura inducendo a credere che la, moralmente esecrabile, vicenda Villari abbia dignità tale da poter essere difesa a costo della vita. Che l’uomo assurto oggi come esempio massimo del attaccamento alla poltrona della casta politica sia degno di tutela costituzionale, quando, invece, ci si sarebbe aspettato un segnale opposto teso a sollecitare una maggiore moralità dei nostri rappresentanti in parlamento.
Dall’altra parte abbiamo un novello Davide che lotta contro un Golia straordinariamente più grande e forte di lui. Che, come una mosca, nella più totale inconsapevolezza dell’opinione pubblica, sta costringendo il “Gigante Stato” a prendersi a schiaffi da solo nel tentativo di schiacciarlo.
Questo è il monito che, ancora una volta ci viene dalle istituzioni. Solo chi detiene il potere, al culmine della sua autoreferenzialità, ha il diritto di tribuna, non osi il semplice cittadino tentare di opporsi alle ingiustizie ed alle vessazioni. Perché esso nasce e muore per subire le leggi scritte o meno, interpretate con un metro elastico da un Grande Fratello, pronto a riscriverle a suo piacimento a seconda delle sue più spicciole convenienze e alla quale esso non è mai soggetto.
“Citizen Comellini”, gode della solidarietà, senz’altro più onorevole, di quei tanti o pochi che come lui non si arrendono ad un’Italia che continua a perdere colpi sul fronte dei diritti costituzionali lasciando a Pannella quella opportunistica e, forse di facciata, di tanti onorevoli e media asserviti pronti a preoccuparsi per lo starnuto del Re e non della lebbra che decima la popolazione.
Il sovrano è sicuro dell’impossibilità che il popolo, stanco ed affamato, non possa risolversi, prima o poi, a cercare di sfamarsi da solo assaltando i forni?
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